Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, milioni di ordigni esplosivi furono disseminati nei campi di battaglia europei. Molti di questi non esplosero al momento dell’impatto e rimasero sepolti nel terreno, rappresentando tuttora una minaccia latente. Come riportato da questo articolo su Focus, studi recenti indicano che il pericolo associato a questi residuati bellici è addirittura in aumento a causa dei processi chimici che li rendono più instabili nel tempo.
La minaccia nascosta sotto i nostri piedi
Secondo l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, in Italia si stimano oltre 250.000 ordigni inesplosi risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Tra questi, circa 25.000 sono bombe d’aereo sepolte a profondità comprese tra 5 e 8 metri. Questa situazione non è esclusiva dell’Italia; altri paesi europei affrontano sfide simili. Ad esempio, nel febbraio 2024, una bomba da 500 chilogrammi è stata scoperta nel cortile di una casa a Plymouth, nel Regno Unito. Sebbene sia stata rimossa in sicurezza, non tutti gli interventi hanno esiti positivi. Nel 2008, a Hattingen, in Germania, un escavatore ha inavvertitamente attivato un ordigno, causando diversi feriti.
L’instabilità crescente degli esplosivi storici
La pericolosità crescente di questi ordigni è legata alla loro composizione chimica. Molte bombe dell’epoca contenevano amatolo, una miscela di nitrato di ammonio e trinitrotoluene (TNT). Con il passare del tempo, l’amatolo diventa più instabile a causa dell’esposizione all’umidità, ai metalli presenti nel suolo e ad altri fattori ambientali. Questa instabilità aumenta il rischio di detonazione anche in presenza di sollecitazioni minime, come quelle causate da lavori agricoli o edili.
Raccomandazioni per la sicurezza pubblica
Gli esperti sottolineano l’importanza di adottare misure precauzionali durante le attività che comportano scavi in aree potenzialmente contaminate da residuati bellici. È fondamentale sensibilizzare la popolazione e le autorità locali riguardo ai rischi associati agli ordigni inesplosi e promuovere programmi di bonifica nelle zone maggiormente a rischio.
Un’eredità bellica sotto il suolo italiano
L’Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu teatro di intensi bombardamenti aerei da parte delle forze Alleate, principalmente britanniche e statunitensi, ma anche di ordigni tedeschi, specialmente durante la ritirata della Wehrmacht. Le bombe alleate spesso miravano a infrastrutture strategiche come ponti, ferrovie e porti, disseminando il territorio di ordigni che, in molti casi, non esplodevano al momento dell’impatto. Questa “mancata esplosione” poteva essere causata da difetti nei meccanismi di innesco, guasti dovuti all’umidità o all’usura durante il trasporto, o dalla progettazione intenzionale di alcune bombe a ritardo che, però, fallivano nel detonare. Inoltre, il terreno variegato e spesso soffice di molte aree italiane attenuava l’impatto, permettendo agli ordigni di penetrare in profondità senza attivarsi. La combinazione di questi fattori ha lasciato in eredità un vasto arsenale silenzioso sotto i piedi degli italiani, con la prevalenza di ordigni britannici e statunitensi tra quelli ritrovati.