La USS Lexington (CV-16) è stata una delle 24 portaerei della classe Essex costruite durante la Seconda Guerra Mondiale per la Marina degli Stati Uniti. Entrata in servizio nel febbraio 1943, partecipò a quasi tutte le principali campagne del teatro del Pacifico, distinguendosi soprattutto come ammiraglia del viceammiraglio Marc Mitscher e della sua potente Task Force 58. Per il suo eccezionale servizio di guerra, la Lexington guadagnò ben 11 battle star e una Presidential Unit Citation. Ritirata dal servizio attivo poco dopo la fine del conflitto, venne successivamente modernizzata e rimessa in linea negli anni ’50, continuando a operare come portaerei d’attacco (CVA) e infine come portaerei antisommergibile (CVS) fino al 1991, quando fu radiata dopo quasi 50 anni di onorata carriera. Oggi la Lexington è conservata come nave museo a Corpus Christi, in Texas.
Caratteristiche tecniche
Impostata il 15 luglio 1941 nei cantieri Fore River di Quincy, Massachusetts, come quinta unità della classe Essex, la Lexington doveva originariamente chiamarsi Cabot, in onore del navigatore italiano Giovanni Caboto. Ma dopo l’affondamento della precedente Lexington (CV-2) nella battaglia del Mar dei Coralli del maggio 1942, gli operai del cantiere chiesero al Segretario alla Marina Frank Knox di ribattezzare la nave in costruzione con il nome della portaerei perduta. Knox acconsentì e il 16 giugno 1942 la Cabot fu ufficialmente rinominata Lexington, sesta unità della Marina americana a portare questo nome in onore della battaglia di Lexington del 1775 che aveva dato inizio alla Guerra d’Indipendenza.
Varata il 23 settembre 1942, entrò in servizio il 17 febbraio 1943 al comando del capitano Felix Stump. Come le altre Essex, la Lexington era una portaerei di squadra di grandi dimensioni, con uno scafo lungo fuori tutto 265 metri e largo 28 al galleggiamento e 45 al ponte di volo. Il dislocamento standard era di 27.100 tonnellate, che salivano a oltre 36.000 a pieno carico. L’apparato motore, costituito da 8 caldaie Babcock & Wilcox che alimentavano 4 turbine a vapore Westinghouse, sviluppava una potenza di 150.000 hp che garantiva una velocità massima di 33 nodi.
Il gruppo aereo imbarcato, inizialmente composto da F6F Hellcat, SB2C Helldiver e TBF Avenger, poteva arrivare a circa 100 velivoli. L’armamento antiaereo comprendeva 12 cannoni da 127 mm, 32 Bofors da 40 mm e 46 mitragliere da 20 mm, ma sarebbe stato notevolmente potenziato nel corso della guerra. La dotazione elettronica prevedeva radar di scoperta aerea e di superficie, di tiro e di navigazione.
L’odissea nel Pacifico
Dopo l’addestramento iniziale nell’Atlantico e ai Caraibi, nell’agosto 1943 la Lexington raggiunse Pearl Harbor per unirsi alla flotta del Pacifico. Il suo battesimo del fuoco avvenne a fine settembre con un raid su Tarawa, seguito a ottobre da un attacco a Wake. In novembre partecipò alle operazioni anfibie nelle isole Gilbert, fornendo copertura aerea agli sbarchi. Durante questi primi mesi di attività, i suoi gruppi aerei abbatterono decine di velivoli nemici.
Il 4 dicembre la Lexington condusse una grande incursione su Kwajalein, nelle Marshall, che si rivelò un successo. I suoi aerei distrussero al suolo circa 30 apparecchi giapponesi e affondarono diversi mercantili e unità minori. Ma nella notte successiva, mentre era in navigazione al largo dell’atollo, la portaerei fu attaccata da aerosiluranti giapponesi. Uno di essi riuscì a piazzare un siluro a dritta, a poppa, mettendo fuori uso il timone. Nonostante i danni (9 morti e allagamenti a poppa) e la perdita del governo, con abili manovre l’unità riuscì a rientrare a Pearl Harbor per le prime riparazioni, prima di proseguire per Bremerton dove arrivò il 22 dicembre per un ciclo di lavori più approfonditi, conclusi il 20 febbraio 1944.
L’ammiraglia di Mitscher
Tornata in linea a marzo, la Lexington divenne l’ammiraglia del viceammiraglio Marc Mitscher e della sua Task Force 58, la formidabile forza di portaerei veloci destinata a condurre l’offensiva aeronavale decisiva contro il Giappone. Dopo alcuni attacchi a Mille e Truk, in aprile la Lexington supportò gli sbarchi a Hollandia in Nuova Guinea e in giugno partecipò all’invasione delle isole Marianne, lanciando i suoi gruppi aerei contro Saipan.
Ma fu il 19-20 giugno, nella battaglia del Mare delle Filippine (passata alla storia come il “tiro al tacchino delle Marianne”), che la Lexington diede forse il suo contributo più importante. In quella che fu la più grande battaglia aeronavale della storia, i piloti delle portaerei americane abbatterono centinaia di aerei giapponesi in una serie di scontri a senso unico, infliggendo un colpo durissimo all’aviazione navale nipponica da cui non si sarebbe più ripresa.
Nella seconda metà del 1944, mentre la marea della guerra volgeva ormai a favore degli Alleati, la Lexington continuò a colpire duramente obiettivi sulle isole ancora in mano ai giapponesi, dalle Filippine alle Ryukyu, in preparazione delle future operazioni anfibie. In ottobre partecipò attivamente alla decisiva battaglia del Golfo di Leyte, durante la quale i suoi gruppi imbarcati contribuirono ad affondare le portaerei giapponesi Zuikaku (l’ultima superstite di Pearl Harbor) e Chitose e a danneggiare gravemente altre unità.
Ma non mancarono i momenti drammatici. Il 5 novembre, infatti, la Lexington subì il suo primo attacco kamikaze che uccise 50 uomini e ne ferì 132. Nonostante i danni, rimase in linea e a metà dicembre poté assumere il comando del Task Group 58.2. Nelle settimane successive, condusse una serie di incursioni devastanti su Luzon, Formosa, Hong Kong e la Cina meridionale in quella che fu l’ultima grande offensiva aeronavale americana. In febbraio e marzo 1945, infine, i suoi gruppi aerei presero parte ai bombardamenti preparatori per gli sbarchi a Iwo Jima, chiudendo il cerchio attorno al Giappone.
Gli ultimi colpi
Nell’estate del 1945, mentre gli strateghi americani pianificavano l’invasione del Giappone, la Lexington continuò a martellare le isole metropolitane giapponesi, da Hokkaido a Okinawa, per fiaccarne le ultime difese. In luglio colpì ripetutamente le grandi basi navali di Yokosuka e Kure, affondando o danneggiando gran parte di ciò che restava della flotta imperiale. Particolarmente spettacolare fu l’attacco del 24 luglio a Kure, durante il quale i Corsair della Lexington mandarono a picco in un rogo la nave da battaglia-portaerei Hyuga, contribuendo a spezzare la spina dorsale della marina nipponica.
Il 15 agosto, mentre si preparava all’ennesimo attacco, la Lexington ricevette l’ordine di cessare il fuoco a seguito dell’annuncio della resa del Giappone. Per lei la guerra era finita, ma non il suo compito. Nelle settimane successive, infatti, i suoi aerei continuarono a sorvolare il territorio nemico in missioni di ricognizione e a paracadutare viveri e medicinali ai prigionieri di guerra liberati. Un’opera altamente meritoria che le valse un encomio speciale.
Una lunga eredità
A dicembre la Lexington fece rotta per gli Stati Uniti, dove sbarcò centinaia di veterani diretti a casa, nell’ambito della gigantesca operazione Magic Carpet. Messa temporaneamente fuori servizio nell’aprile 1947, tornò in linea nel 1955 dopo profondi lavori di ammodernamento che la trasformarono in una portaerei d’attacco (CVA) in grado di operare con i jet di ultima generazione. Negli anni successivi alternò crociere nell’Atlantico e nel Pacifico, prendendo parte a importanti esercitazioni NATO e SEATO e intervenendo in alcune crisi come quella degli Stretti di Taiwan del 1958.
All’inizio degli anni ’60, riclassificata come portaerei antisommergibile (CVS), partecipò attivamente alla crisi dei missili di Cuba dell’ottobre 1962. Ma già dal 1963 la Lexington aveva assunto un ruolo per certi versi ancora più importante: quello di portaerei scuola per l’addestramento degli aviatori imbarcati. Un compito che avrebbe svolto ininterrottamente per quasi 30 anni dalla sua base di Pensacola, in Florida, preparando migliaia di piloti che si sarebbero poi distinti sui cieli del Vietnam e in tutte le principali operazioni aeronavali della Marina americana fino al 1991.
Radiata dal servizio attivo nel novembre 1991, dopo 48 anni di onorata carriera e un record di 493.000 appontaggi, la Lexington è stata preservata come nave museo a Corpus Christi, in Texas. Nel 2003 ha ricevuto la designazione di monumento storico nazionale, a suggello della sua straordinaria vicenda operativa. Ancora oggi, a quasi 80 anni dal varo, questa veterana dalle nove vite continua ad affascinare migliaia di visitatori con il suo carico di storia e di memoria.
Una storia a cui è impossibile rendere pienamente giustizia in poche righe. Perché la Lexington non è stata solo una grande nave, ma il simbolo stesso della potenza aeronavale americana nel momento decisivo della sua affermazione. Sotto le insegne di Mitscher e della sua Task Force 58, ha contribuito in maniera determinante a ribaltare le sorti della guerra contro il Giappone, spezzando il mito dell’invincibilità della marina imperiale e aprendo la strada alla vittoria nel Pacifico.
Informazioni aggiuntive
- Nazione: USA
- Tipo nave: Portaerei
- Classe:Essex
- Cantiere:
Fore River Shipyard
- Data impostazione: 15/07/1941
- Data Varo: 23/09/1942
- Data entrata in servizio: 17/02/1943
- Lunghezza m.: 265.8
- Larghezza m.: 28.3
- Immersione m.: 10.41
- Dislocamento t.: 36.960
- Apparato motore:
8 caldaie Babcock & Wilcox, 4 turbine a vapore ad ingranaggi Westinghouse, 4 eliche
- Potenza cav.: 150.000
- Velocità nodi: 33
- Autonomia miglia: 14.100
- Armamento:
12 cannoni da 127 mm antinave e antiaerei, 32 mitragliere antiaeree da 40mm, 46 mitragliere antiaeree da 40 mm, 90-100 aerei
- Corazzatura:
Ponte di volo: 38 mm, Hangar: 64 mm, cintura: 64-102 mm, scafo: 102 mm
- Equipaggio: 2600
- Bibliografia – Riferimenti:
- Jane’s Fighting Ships of World War II, Crescent Books ISBN: 0517679639
- Ingo Bauernfeind U.S. Aircraft Carriers 1939–45 Casemate ISBN: 1612009344
- Il museo della USS Lexington
- US Navy