La Portaerei Americana USS Hornet (CV-12)

Hornet (CV-12)

di redazione
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USS Hornet (CV-12)

La USS Hornet (CV-12) è stata una delle portaerei americane più famose e di successo della Seconda Guerra Mondiale. Appartenente alla celebre classe Essex, partecipò a quasi tutte le principali campagne nel teatro del Pacifico dal 1944 in poi, distinguendosi per il suo decisivo contributo in alcune delle battaglie più importanti. Anche nel dopoguerra la Hornet continuò a servire con onore per oltre due decenni, prendendo parte ad altri conflitti come la guerra di Corea e del Vietnam, oltre a importanti missioni come il recupero degli astronauti delle missioni Apollo 11 e 12. Oggi la storica portaerei è conservata come nave museo ad Alameda, in California.

Caratteristiche tecniche

La USS Hornet fu impostata il 3 agosto 1942 nei cantieri Newport News Shipbuilding and Drydock Company in Virginia. Come le altre unità della classe Essex, era stata progettata sulla base delle lezioni apprese nei primi mesi di guerra nel Pacifico, incorporando numerosi miglioramenti rispetto alle classi precedenti.

Con una lunghezza fuori tutto di 265 metri e una larghezza massima di 45 metri al ponte di volo, la Hornet dislocava a pieno carico ben 36.380 tonnellate, quasi il doppio delle portaerei della classe Yorktown. L’apparato motore era costituito da 8 caldaie Babcock & Wilcox che alimentavano 4 turbine a vapore Westinghouse, per una potenza totale di 150.000 CV che garantiva una velocità massima di 33 nodi. L’autonomia era di circa 20.000 miglia nautiche a 15 nodi.

Una delle innovazioni più importanti fu l’adozione di un ponte di volo corazzato, in grado di resistere all’impatto di bombe da 500 kg. Anche l’isola era stata ingrandita e meglio protetta, mentre lo scafo aveva ricevuto una compartimentazione più spinta e una migliore protezione subacquea. La dotazione di carburante avio e munizioni era stata incrementata. L’armamento antiaereo iniziale comprendeva 12 cannoni da 127 mm, 32 Bofors da 40 mm e 46 mitragliere da 20 mm, ma sarebbe stato notevolmente potenziato nel corso della guerra.

Il gruppo aereo imbarcato variò nel tempo, ma in genere comprendeva circa 90-100 velivoli tra caccia F6F Hellcat, bombardieri in picchiata SB2C Helldiver e aerosiluranti TBF Avenger. Verso la fine della guerra arrivarono anche i nuovi caccia F4U Corsair.

Varo e prove in mare

La Hornet venne varata il 30 agosto 1943, con madrina Annie Reid Knox, moglie del Segretario alla Marina Frank Knox. Dopo l’allestimento, entrò ufficialmente in servizio il 29 novembre 1943 al comando del Capitano Miles R. Browning. Seguirono alcuni mesi di intense esercitazioni nelle acque dei Caraibi e al largo di Norfolk per amalgamare l’equipaggio e mettere a punto le complesse procedure operative. Il 14 febbraio 1944 la Hornet lasciò Norfolk per unirsi alla potente Task Force 58 a Majuro nelle Isole Marshall. La lunga traversata le permise di completare l’addestramento prima di essere gettata nella mischia.

Battesimo del fuoco

Appena giunta a Majuro il 20 marzo, la Hornet venne subito impegnata in una serie di incursioni contro le basi giapponesi a Palau, Yap, Ulithi e Woleai. Le sue squadriglie contribuirono a distruggere numerosi aerei nemici e ad affondare diverse decine di migliaia di tonnellate di naviglio. Ma l’operazione servì soprattutto come “riscaldamento” in vista della successiva campagna delle Marianne, destinata a spezzare definitivamente le reni alla marina giapponese.

Ai primi di giugno la Task Force 58 si portò a nord di Saipan per neutralizzare le difese giapponesi in vista dello sbarco previsto per il 15. Nei giorni successivi la Hornet e le altre portaerei colpirono ripetutamente le basi aeree e le installazioni militari su Saipan, Tinian, Guam e Rota, conquistando rapidamente la superiorità aerea. Quando il 19 giugno la flotta giapponese si fece avanti per contrattaccare, trovò ad attenderla uno sbarramento di Hellcat determinati a non farla passare.

La “Grande Battuta di Caccia alle Marianne”

Quello che seguì, il 19 e 20 giugno 1944, fu probabilmente il più grande scontro aeronavale della storia, passato alla storia come “Il tiro al tacchino delle Marianne” per le perdite a senso unico inflitte ai giapponesi. In due giorni di furiosi combattimenti, i piloti imbarcati americani abbatterono circa 400 aerei nemici contro appena una ventina di perdite. La Hornet svolse un ruolo di primo piano, con i suoi Hellcat che rivendicarono decine di vittorie.

Non meno importanti furono gli attacchi al naviglio. Il pomeriggio del 20 giugno, localizzata la flotta giapponese in ritirata, l’ammiraglio Mitscher ordinò un audace attacco a lungo raggio, ben sapendo che molti aerei non sarebbero riusciti a rientrare prima del buio. I siluri e le bombe di Avenger e Helldiver dalle Hornet e dalle altre portaerei colarono a picco la portaerei Hiyō e danneggiarono gravemente diverse altre unità. Quella sera, in un gesto senza precedenti, Mitscher ordinò a tutte le sue navi di accendere le luci per guidare a casa i piloti a corto di carburante. Ne mancarono comunque all’appello oltre 80, ma le perdite giapponesi erano state tali (tra cui tre portaerei) da mutare gli equilibri nel Pacifico centrale in modo irreversibile.

Avanzata inesorabile

Dopo una pausa a Pearl Harbor, a settembre la Hornet tornò a colpire a più riprese le Filippine in preparazione dello sbarco a Leyte di ottobre. Durante la complessa battaglia del Golfo di Leyte, i suoi ricognitori avvistarono le supercorazzate giapponesi dirette a Leyte e i suoi aerei contribuirono ad arrestarne l’avanzata. Nei mesi successivi, mentre le forze americane risalivano l’arcipelago, la Hornet continuò a fornire un prezioso supporto aereo, oltre a proteggere le portaerei di scorta più vulnerabili.

Alla fine di dicembre la Hornet e le altre portaerei di Halsey sfidarono il tifone Cobra, che inflisse gravi danni a molte navi con venti fino a 120 nodi. La Hornet se la cavò con danni tutto sommato contenuti.

Ai primi del 1945 fu la volta dell’Indocina francese e di Hong Kong, colpite a più riprese per bloccare il flusso di rifornimenti ai giapponesi. A febbraio e marzo la Hornet partecipò ai grandi raid preparatori su Iwo Jima e Okinawa, subendo alcuni attacchi kamikaze ma senza mai farsi mettere fuori combattimento. A giugno, però, durante un tifone fu gravemente danneggiata quando un’onda anomala fece collassare una parte della prua del ponte di volo lunga una quindicina di metri. Costretta a rientrare sulla costa orientale per le riparazioni, si trovava a San Francisco quando arrivò la notizia della resa giapponese il 15 agosto.

Onori e primati nel dopoguerra

Nella sua breve ma intensa carriera bellica, la Hornet guadagnò ben 7 battle star e una Presidential Unit Citation, affermandosi come una delle portaerei di maggior successo. In totale, i suoi gruppi aerei rivendicarono la distruzione di 1410 aerei nemici, oltre ad aver contribuito ad affondare o danneggiare un gran numero di navi.

Dopo la guerra la Hornet partecipò all’operazione Magic Carpet per il rimpatrio delle truppe, prima di essere posta in riserva nel 1947. Riattivata nel 1953 e ammodernata come portaerei d’attacco (CVA), partecipò a tre turni di operazioni al largo del Vietnam tra il 1965 e il 1969, guadagnando altre sette battle star.

Nel frattempo, si era ritagliata un posto nella storia del programma spaziale americano, recuperando le capsule e gli astronauti di ben due missioni lunari Apollo, l’11 e la 12, rispettivamente nel luglio e novembre 1969.

Ormai obsoleta, la Hornet fu definitivamente radiata il 26 giugno 1970 dopo 26 anni di onorato servizio. Una fine ingloriosa la attendeva nei cantieri di demolizione, ma nel 1998 un gruppo di appassionati riuscì a salvarla e a trasformarla in nave museo, ormeggiata in modo permanente ad Alameda, in California.

Oggi, splendidamente conservata, la USS Hornet continua a raccontare con orgoglio le gesta dei suoi valorosi equipaggi, di quei giovani aviatori che, a bordo di macchine tutto sommato primitive, riuscirono a cambiare le sorti della guerra più terribile. Salire sul suo ponte equivale a rivivere un pezzo di storia, ma anche a riflettere su quanto sia necessario preservarne la memoria.

In fondo, nessuno incarna questo spirito meglio della stessa Hornet. Pensata per la guerra, protagonista di epiche battaglie ma anche tragica tomba per molti dei suoi uomini, ha saputo evolversi e adattarsi in tempo di pace. Da strumento di distruzione è diventata simbolo di orgoglio nazionale e tramite per il progresso tecnologico e scientifico.

Storie come la sua, forse, possono aiutarci a comprendere il passato per costruire un futuro migliore.

Informazioni aggiuntive

  • Nazione: USA
  • Tipo nave: Portaerei
  • Classe:Essex
  • Cantiere:

    Newport News Shipbuilding


  • Data impostazione: 03/08/1942
  • Data Varo: 30/08/1943
  • Data entrata in servizio: 29/11/1943
  • Lunghezza m.: 265.8
  • Larghezza m.: 28.3
  • Immersione m.: 10.41
  • Dislocamento t.: 30.000
  • Apparato motore:

    8 caldaie da 565 psi (3,900 kPa) ad 850 °F (450 °C), 4 turbine a vapore ad ingranaggi Westinghouse, 4 eliche


  • Potenza cav.: 150.000
  • Velocità nodi: 33
  • Autonomia miglia: 14.100
  • Armamento:

    12 cannoni da 127 mm antinave e antiaerei, 32 mitragliere antiaeree da 40mm, 43 mitragliere antiaeree da 40 mm, 90-100 aerei


  • Corazzatura:

    Ponte di volo: 38 mm, Hangar: 64 mm, cintura: 64-102 mm, scafo: 102 mm


  • Equipaggio: 2600
  • Bibliografia – Riferimenti:
      

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