Verso la fine degli anni ’30, mentre nubi di guerra si addensavano sull’Europa, l’Unione Sovietica si apprestava a dotarsi di una nuova generazione di motori aeronautici per equipaggiare i suoi caccia e bombardieri di prima linea. Tra questi spiccava il Mikulin AM-35, un dodici cilindri a V raffreddato a liquido destinato a motorizzare alcune delle più importanti macchine dell’aviazione sovietica alle soglie del secondo conflitto mondiale.
La genesi dell’AM-35
L’AM-35 nacque come evoluzione del precedente motore AM-34FRN presso l’ufficio progetti della Fabbrica No. 24 di Mosca, oggi nota come Salyut. Sotto la guida dell’ingegnere capo Aleksandr Mikulin, il team di progettisti lavorò per migliorare le già notevoli prestazioni dell’AM-34FRN e adattarlo alle esigenze dei nuovi velivoli in fase di sviluppo alla fine degli anni ’30.
Le principali modifiche riguardarono il monoblocco, irrobustito per permettere un maggior rapporto di compressione, e il compressore centrifugo a singola velocità, dotato di palette a incidenza variabile per ottimizzare l’efficienza ad alta quota. L’obiettivo era ottenere un propulsore dalle elevate prestazioni in quota, ideale per l’impiego su caccia e bombardieri veloci.
Un motore promettente ma problematico
Nell’aprile del 1939, dopo aver superato con successo i test di fabbrica e quelli di stato, l’AM-35 sembrava pronto a entrare in produzione. Tuttavia, le autorità della VVS (l’aeronautica militare sovietica) non erano del tutto soddisfatte. La potenza erogata, 1300 CV, era inferiore di ben 200 CV rispetto a quanto richiesto, e il compressore era solo a singola velocità anziché a doppia come specificato.
Per ovviare a queste carenze, Mikulin e il suo team misero rapidamente mano al progetto, aumentando le prestazioni del compressore. La versione risultante, denominata AM-35A, rappresentava un significativo passo avanti e venne avviata alla produzione in grande serie presso la Fabbrica No. 24 fino alla fine del 1941, quando lo stabilimento venne evacuato a Kuybyshev a causa dell’avanzata tedesca.
In volo con l’AM-35
Nonostante i suoi limiti, l’AM-35 e la sua variante migliorata AM-35A equipaggiarono alcuni degli aeroplani più importanti dell’URSS nei primi anni di guerra. In particolare, fu il cuore pulsante dei caccia Mikoyan-Gurevich MiG-1 e MiG-3, e del bombardiere pesante a lungo raggio Petlyakov Pe-8.
I MiG-1 e MiG-3 furono i primi moderni caccia monoplani con carrello retrattile e struttura interamente metallica ad entrare in servizio con la VVS. Veloci e ben armati, avrebbero dovuto contrastare i nuovi caccia della Luftwaffe come il Messerschmitt Bf 109. E in effetti grazie alla potenza del V12 Mikulin le loro prestazioni ad alta quota erano buone, con una velocità massima di circa 640 km/h.
Ma il battesimo del fuoco dei MiG durante le prime disperate fasi dell’operazione Barbarossa, nell’estate del 1941, rivelò alcuni seri problemi. I piloti sovietici, spesso poco addestrati, trovavano il caccia difficile da pilotare, e le perdite per incidenti erano elevate. Inoltre le prestazioni a bassa quota, dove si svolgeva la maggior parte dei combattimenti, non erano superiori a quelle degli avversari tedeschi.
Anche l’armamento dei MiG, incentrato su mitragliatrici di piccolo calibro, si rivelò insufficiente. I tentativi di incrementarlo e trasformare l’aereo in cacciabombardiere non diedero i frutti sperati. Di conseguenza, quando divenne chiaro che velivoli come lo Shturmovik Il-2 erano più adatti all’appoggio tattico, la produzione dei MiG venne interrotta dopo circa 3400 esemplari.
Destino non molto diverso ebbe il quadrimotore Pe-8, l’unico vero bombardiere strategico a disposizione dell’URSS durante la guerra. Benché dotato di eccellenti prestazioni grazie ai suoi quattro AM-35A, le sue missioni di bombardamento a lungo raggio contro la Germania si rivelarono dispersive. Inoltre, la priorità data alla produzione di aerei tattici fece sì che il Pe-8 rimanesse poco più che un’arma di nicchia, con meno di 100 esemplari costruiti.
Il tramonto dell’AM-35
Nel prosieguo della guerra, una combinazione di fattori segnò il declino dell’AM-35. I combattimenti a bassa quota sul fronte orientale non permettevano di sfruttare appieno le sue caratteristiche di motore per alta quota. L’aereo su cui trovava il suo impiego principale, il MiG-3, si era rivelato deludente e la sua produzione era stata interrotta a favore dell’Il-2, per il quale era più adatto il nuovo motore AM-38 a bassa quota.
E anche il Pe-8 adottò ben presto motori alternativi come lo Charomskiy ACh-30 o il radiale Shvetsov ASh-82, riducendo ulteriormente la necessità dell’AM-35. Di conseguenza, nonostante fosse stato prodotto in oltre 4600 esemplari, già dal 1943 il V12 Mikulin uscì di scena, sostituito da propulsori più adatti alle mutate esigenze belliche.
Conclusioni
La parabola del motore Mikulin AM-35 ben rappresenta le difficoltà attraversate dall’industria aeronautica sovietica nei concitati anni a cavallo del secondo conflitto mondiale. Progettato per equipaggiare caccia e bombardieri di concezione moderna, nel contesto della guerra sul fronte orientale finì per rivelarsi inadatto.
Troppo raffinato e votato alle prestazioni in quota per le esigenze del supporto tattico a bassa quota, che divenne la priorità per la VVS dopo le pesanti perdite iniziali, l’AM-35 non riuscì a esprimere appieno il suo potenziale. E i velivoli che equipaggiava, specialmente i caccia MiG, soffrirono di problemi non solo motoristici che ne decretarono una carriera operativa tutto sommato deludente.
Ciò non toglie che l’AM-35 fosse una notevole realizzazione tecnica per la sua epoca, e un ulteriore tassello nel mosaico delle capacità industriali sovietiche, spesso sottovalutate dall’intelligence tedesca prima dell’invasione. Progettato in tempi molto rapidi, fu prodotto in numeri considerevoli nonostante le immani difficoltà causate dall’attacco nazista.
Ma la dura realtà della guerra, unità alla rapida evoluzione tecnologica, lo rese presto obsoleto. Un destino condiviso da molti altri motori nati negli anni ’30 e rapidamente superati dal vortice del conflitto mondiale. Oggi l’AM-35 è poco più di una nota nei libri di storia, ma merita di essere ricordato come un altro sforzo, non privo di fallimenti ma ugualmente ammirevole, dell’Unione Sovietica per dotare la propria aeronautica di motori all’avanguardia.