Recensione del film U-Boot 96 (1981)

U-Boot 96

di redazione
Pubblicato: Ultimo aggiornamento: 419 letture totali

L’opera di Wofgang Petersen è eccezionale sotto molti punti di vista, il regista è riuscito a realizzare un film  di guerra lungo più di tre ore (nella versione DVD) che non annoia mai lo spettatore. Mostra per la prima volta il punto di vista tedesco senza vittimismi o complessi, caratterizza i personaggi in profondità senza diventare patetico e, pur avendo a disposizione una trama tutto sommato prevedibile, riesce ad essere avvincente.

Petersen deve spiegare allo spettatore cosa succede, quali sono le regole della guerra sul mare e come funziona la vita su un sottomarino tedesco nella Seconda Guerra Mondiale. Durante la prima parte del film senza neanche accorgersene lo spettatore impara come funziona un’immersione rapida, un attacco con bombe di profondità, a che servono i motori diesel e quelli elettrici e il tutto avviene grazie a un espediente narrativo molto semplice: ospite del sottomarino c’è un ufficiale della propaganda incaricato di testimoniare la vita a bordo di un sommergibile, essendo un estraneo a lui devono essere spiegate le regole di base della vita a bordo e così, insieme a lui, lo spettatore impara e saprà apprezzare tutte le fasi di combattimento nella parte successiva del film.

Il film inizia mostrando una festa, organizzata al porto di la Rochelle, nella Francia occupata dai Tedeschi, prima della partenza del sommergibile U-96 per la sua missione di guerra. Siamo nell’ottobre del 1941 e un sommergibile tedesco inviato nell’Atlantico alla caccia di navi alleati poteva restare anche per mesi in mare, la sua missione poteva dirsi conclusa solo all’esaurimento dei siluri. La festa è molto animata, molti membri dell’equipaggio sono completamente ubriachi, non mancano scherzi a battute che sarebbero stati poco apprezzati a un eventuale controllo della polizia segreta nazista ma il comandante, il capitano Willenbrock soprannominato rispettosamente “der Alte”, il vecchio, dagli altri membri dell’equipaggio, non sembra preoccuparsene.

Il mattino dopo alla partenza del sommergibile l’equipaggio è irriconoscibile: tutti in perfetto ordine eseguono coscienziosamente i propri compiti consapevoli dell’importanza di ognuno e fiduciosi nelle capacità e nella fortuna del loro comandante. La guerra, a bordo di un sommergibile, si combatte collettivamente. I nemici non sono soltanto gli Inglesi e il temuto ASDI, meglio conosciuto come sonar e in quel periodo già molto temuto a bordo degli u-boot tedeschi, ma anche la furia del mare, la noia, le malattie e la puzza che in un ambiente strettissimo e molto poco arieggiato come quello di un sottomarino sono sempre presenti.

Durante i primi giorni di navigazione il tenente Werner, incaricato dalla propaganda di documentare la missione e imbarcato come corrispondente di guerra, viene istruito sulla vita a bordo della nave e fa conoscenza con gli altri membri dell’equipaggio. Un allarme simulato dal comandante improvvisamente fa cambiare ritmo e ci mostra tutti i membri dell’equipaggio affannarsi a svolgere i propri compiti. La rapidità di immersione può fare la differenza tra la vita e la morte in caso di attacco nemico e anche chi non ha compiti attivi deve precipitarsi a prua per spingere verso il basso la rotta del sommergibile semplicemente col proprio peso. Nessuno deve restare fermo.

I giorni e le settimane si susseguono senza avvistare navi nemiche, l’attesa è snervante e il morale dell’equipaggio comincia a calare. Viene ricevuto un ordine via radio per attaccare un convoglio nemico avvistato nel settore ma la nebbia impedisce il lancio dei siluri e l’U-boot 96 deve resistere a un primo attacco con bombe di profondità da parte di un cacciatorpediniere inglese.

Durante la notte del 45mo giorno di missione finalmente il sottomarino avvista un convoglio nemico. Nonostante la luna piena il comandante decide di attaccare, senza cercare l’appoggio via radio di altre navi tedesche. Vengono lanciati tre siluri ma l’U-boot 96 viene avvistato da un cacciatorpediniere di scorta inglese che lo attacca a colpi di cannone, per mettersi in salvo si immergono preparandosi ad un attacco con bombe di profondità e dopo pochi minuti si sentono le esplosioni dei siluri andati a segno.
I cacciatorpediniere inglese sono a caccia del sommergibile e lo attaccano con bombe di profondità cacciandolo con l’ASDIC, l’attacco dura ore e a bordo del sottomarino la paura provoca uno stress inimmaginabile; in particolare al capo motorista Johan cedono i nervi e questi, in preda al panico, abbandona il suo posto e si reca dal comandante senza riuscire a parlare; nonostante gli ordini non riesce a controllarsi finchè non viene preso di forza dagli altri membri dell’equipaggio ed allontanato dalla plancia. Le manovre del comandante per cercare di liberarsi del caccia non sembrano avere successo, continue esplosioni sempre più vicine scuotono il sottomarino da prua a poppa e la nave comincia ad affondare, fuori controllo. Il tenente Werner sembra accettare il suo destino, si reca nella cuccetta tenendo in mano una foto, pronto a morire. Lo stress è tale che si addormenta e al suo risveglio scopre, con sua sorpresa, che l’equipaggio è riuscito a riprendere il controllo della nave e che il sottomarino è sopravvissuto all’attacco.

das boot scena

La scena successiva è particolarmente drammatica ed è anche una delle più difficili da capire per lo spettatore non informato sulle vicende storiche del periodo.
Il sommergibile riemerge a poca distanza da uno dei mercantili precedentemente colpiti che è in fiamme, fermo ed apparentemente lasciato al suo destino. Il comandante ordina di lanciare un siluro come colpo di grazia e quando il colpo va a segno, gli uomini in plancia si accorgono che la nave non è stata abbandonata dall’equipaggio nelle precedenti ore, con i binocoli vedono marinai inglesi cercare scampo dalle fiamme dell’esplosione gettandosi in mare e alcuni iniziano a nuotare verso l’u-boot tedesco, sperando di essere recuperati. In pochi minuti Petersen concentra una serie di messaggi complessi: prima di tutto i marinai dell’U-boot sono sinceramente disperati per la sorte dei colleghi inglesi, un ufficiale non riesce nemmeno a trattenere le lacrime sapendo di doverli abbandonare a morte certa. Ancora una volta evidenzia il fatto che, da parte dei marinai tedeschi, non c’è odio, vogliono svolgere il loro dovere che consiste nell’affondare navi nemiche ma il loro scopo individuale è quello di tornare sani e salvi alla base. Nemmeno il comandante è lo spietato e crudele nazista dipinto in tanti altri film, anche lui cerca di svolgere al meglio la sua missione e il suo compito principale è proteggere la sua nave e il suo equipaggio ed è per questo che non può soccorrere i marinai inglesi, Willenbrock manifesta rabbia sincera quando si accorge che la nave non era stata abbandonata.

Dall’alto comando giunge un ordine inatteso e particolarmente sgradito: il sottomarino invece di tornare alla base deve attraversare lo stretto di Gibilterra per recarsi nel porto italiano di La Spezia, dopo aver fatto rifornimento nel porto spagnolo di Vigo. Tecnicamente la Spagna era neutrale, quindi una nave da guerra tedesca non poteva fare rifornimento in un porto spagnolo, ma in realtà il regime di Franco era piuttosto benevolo nei confronti di Germania e Italia, grato per l’aiuto ricevuto durante la guerra civile. Spesso le autorità iberiche facevano finta di non vedere quando italiani e tedeschi usavano i loro porti in violazione delle leggi sulla neutralità.
Il sommergibile entra nel porto di Vigo, si accosta a una nave mercantile tedesca e si rifornisce di munizioni, viveri e nafta. La navigazione prosegue alla volta di Gibilterra: per entrare nel Mediterraneo l’U-Boot deve superare lo stretto passaggio difeso da potentissime installazioni inglesi; il piano del “vecchio” è semplice, la sua idea è di tentare di attraversare lo stretto di notte, a motori spenti, lasciandosi trasportare dalla corrente in immersione. Lo stratagemma non riesce, il sottomarino tedesco viene avvistato e sottoposto ad un attacco micidiale. Si immergono ma i danni sono troppi e il sottomarino è fuori controllo, a quasi 280 metri di profondità ovvero il triplo di quanto considerato possibile, si poggia su un banco di sabbia sul fondo. A quella quota la pressione è insostenibile per le strutture della nave, rivetti e tubature iniziano a esplodere ma tutti i marinai in una lotta immane contro la pressione riescono a salvare il battello, si distingue in particolare il sottufficiale Johan che con perizia e coraggio riesce a riparare i danni più gravi e ripristinare le pompe, le batterie e i motori elettrici, indispensabili per riuscire ad emergere.
Dopo 24 ore il sommergibile, gravemente danneggiato, miracolosamente riemerge e il comandate decide di far rotta verso la Francia occidentale, dato che è impossibile riprovare a seguire la rotta prevista per il mar Mediterraneo.

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Al suo arrivo in Francia l’u-boot viene accolto trionfalmente da una banda musicale ma, subito dopo aver accostato alla banchina, viene attaccato da un aereo inglese. Il tenente Werner riesce a salvarsi ma Johann, Ullman ed il secondo ufficiale giacciono al suolo privi di vita ed il comandante, ferito alla schiena, fissa impietrito l’U-boot che affonda, e, non appena la torretta scompare sotto il pelo dell’acqua, esala l’ultimo respiro.

Informazioni aggiuntive

  • Titolo originale: Stalag 17
  • Anno: 1981
  • Paese di produzione:Germania
  • Durata:  208 minuti 
  • Principali interpreti:

    Herbert Grönemeyer, Jürgen Prochnow, Klaus Wennemann, Uwe Ochsenknecht

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