Fairey Swordfish: bilano silurante imbarcato britannico

Fairey Swordfish

di redazione
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Questo biplano, dall’aspetto tutt’altro che gradevole, si dimostrò una delle migliori armi della Fleet Air Arm dal 1936 al 1945 e fu uno dei migliori aerei siluranti imbarcati di tutto il conflitto.

Paradossalmente il suo esordio fu piuttosto disastroso, visto che il prototipo si distrusse durante un volo di collaudo, ma questo non impedì la costruzione di un secondo esemplare ed il successo che ne seguì.
Furono costruiti 2.391 esemplari di questo lento biplano, dotato di ali ripiegabili all’indietro per facilitare lo stivaggio a bordo delle portaerei.
L’aereo fu protagonista di innumerevoli battaglie nel corso della II Guerra Mondiale svolgendo un ruolo di “tuttofare” e adeguando l’armamento alle necessità belliche.
Oltre al carico tipico costituito da un siluro, lo Swordfish poteva portare una mina da 680 Kg o un carico equivalente di bombe, ma furono installati anche razzi e apparecchi radar.
I suoi momenti di maggior gloria furono indubbiamente la caccia alla corazzata tedesca Bismark e l’incursione al porto di Taranto quando, nella notte tra il 10 e l’11 novembre 1940, un attacco di questi biplani, apparentemente goffi, costò alla marina italiana la perdita di 3 corazzate e 3 incrociatori contro l’abbattimento di un solo apparecchio inglese.

Lo Swordfish è un biplano a carrello fisso, con struttura metallica e rivestimento in tela. L’armamento è costituito da un siluro da 730 Kg o da 8 razzi nelle configurazioni più tipiche.

Swordfish I in volo di addestramento
Swordfish I in volo di addestramento

Origini e sviluppo

Le origini dello Swordfish risalgono al 1933, quando la Fairey iniziò a lavorare su un nuovo velivolo imbarcato multiruolo in grado di svolgere sia missioni di ricognizione aerea che di attacco con siluri. Il progetto, designato internamente T.S.R. (Torpedo-Spotter-Reconnaissance) I, fu portato avanti come iniziativa privata, prevedendo un biplano di costruzione mista (duralluminio e tela) dotato di un singolo motore radiale Bristol Pegasus da 635 CV.

Nel 1934 l’Air Ministry emise la specifica S.15/33 che richiedeva ufficialmente un aerosilurante imbarcato. La Fairey propose il suo T.S.R. II, evoluzione del precedente progetto. Il prototipo volò per la prima volta il 17 aprile 1934 ai comandi del collaudatore capo Chris Staniland, rivelando buone caratteristiche di decollo e atterraggio da portaerei ma prestazioni inferiori alle attese a causa del peso e della potenza insufficiente del motore.

Nonostante ciò la Royal Navy, a corto di aerosiluranti moderni, ordinò nel 1935 una preserie di tre esemplari, assegnando al modello il nome definitivo Swordfish. Le consegne degli Swordfish Mk I di serie, costruiti nello stabilimento Fairey di Hayes, iniziarono nel 1936. La produzione fu poi trasferita a partire dal 1941 alla Blackburn Aircraft di Sherburn-in-Elmet.

In totale furono costruiti 2391 Swordfish, di cui 992 da Fairey e 1699 da Blackburn, in tre versioni principali: Mk I, Mk II (con motore Pegasus XXX e predisposizione per razzi) e Mk III (con radar ASV Mk XI). La produzione terminò nell’agosto 1944.

Tecnica

Il Fairey Swordfish era un classico biplano di costruzione mista: fusoliera in tubi d’acciaio rivestita in tela, ali in legno con longheroni in duralluminio, superfici di controllo in duralluminio rivestite in tela. Le ali avevano configurazione sesquiplana (ala inferiore più corta) con montanti ad N, ed erano ripiegabili all’indietro per facilitare lo stivaggio sulle portaerei.

Il carrello d’atterraggio era fisso a ruote indipendenti, con pattino di coda orientabile. In alternativa era possibile montare dei galleggianti per le operazioni da catapulta sulle navi da battaglia.

L’equipaggio era composto da tre persone in abitacoli aperti: pilota, osservatore/mitragliere e operatore radio/mitragliere. L’armamento comprendeva una mitragliatrice Vickers K da 7,7 mm brandeggiabile in caccia, una o due Lewis da 7,7 mm brandeggiabili posteriormente e lateralmente, più un siluro Mk XII da 730 kg o una bomba fino a 680 kg sotto la fusoliera. Sulle ali erano anche possibili attacchi per bombe da caduta, cariche di profondità, razzi o serbatoi ausiliari.

Il motore era il radiale Bristol Pegasus a 9 cilindri, raffreddato ad aria, erogante 750 CV al decollo nelle versioni iniziali e fino a 820 CV nelle ultime. Era montato su castello tubolare, con cappottature NACA sul lato anteriore e scarichi sul lato inferiore.

In termini di prestazioni, lo Swordfish era piuttosto lento anche per gli standard dei primi anni ’30, con una velocità massima di circa 220 km/h. Tuttavia aveva un’autonomia notevole per l’epoca, fino a 9 ore (pari a circa 1500 km) con serbatoio ausiliario, e soprattutto eccellenti doti di decollo e atterraggio da portaerei. Poteva infatti decollare in soli 30 metri con vento di 30 nodi (55 km/h), e appontare a velocità minime di 80 km/h.

Swordfish in decollo dalla Ark Royal
Swordfish in decollo dalla Ark Royal

Impiego operativo

Lo Swordfish entrò in servizio con la Fleet Air Arm nel luglio 1936, inizialmente in 13 Squadron. Allo scoppio della guerra nel settembre 1939, equipaggiava 26 Squadron di prima linea più numerosi reparti di addestramento. Inizialmente fu impiegato principalmente in ruoli di pattugliamento e scorta ai convogli, senza eventi di rilievo.

Il battesimo del fuoco avvenne durante la campagna di Norvegia nell’aprile 1940. Il giorno 11, alcuni Swordfish della portaerei HMS Furious attaccarono le navi tedesche nel porto di Trondheim, ottenendo un siluro a segno, il primo della guerra per un aereo imbarcato. Tre giorni dopo, uno Swordfish della HMS Warspite individuò e contribuì ad affondare con bombe di profondità il sommergibile tedesco U-64, prima vittoria di un aereo britannico su un U-Boot.

Lo Swordfish fu protagonista di alcune delle azioni aeronavali più audaci e spettacolari del conflitto. La notte dell’11-12 novembre 1940, 21 aerosiluranti decollati dalla HMS Illustrious lanciarono un attacco contro la base navale italiana di Taranto. Volando a bassa quota e con l’ausilio di razzi illuminanti, i lenti biplani colpirono con siluri e bombe tre corazzate e due incrociatori, danneggiandoli pesantemente o affondandoli. Fu la dimostrazione che anche le grandi navi da battaglia, se sorprese in porto, erano vulnerabili agli attacchi dal cielo.

Un’altra storica impresa fu quella contro la corazzata tedesca Bismarck il 26 maggio 1941. Una pattuglia di 15 Swordfish, guidati dai radar ASV e sfidando le avverse condizioni meteo, attaccò l’imponente nave nell’Atlantico. Due siluri andarono a segno, uno dei quali bloccò il timone rendendo la Bismarck ingovernabile e di fatto condannandola all’affondamento il giorno seguente per mano della flotta britannica.

Nel Mediterraneo, gli Swordfish si rivelarono micidiali contro il naviglio dell’Asse nelle rotte tra l’Italia e il Nordafrica. Negli ultimi mesi del 1941, decollando dalla base di Malta, una trentina di questi velivoli affondò in media 50.000 tonnellate di naviglio nemico al mese, malgrado le perdite e le disperate condizioni operative.

Ma fu nell’ultimo periodo della guerra che lo Swordfish diede forse il contributo più significativo, nella decisiva battaglia dell’Atlantico contro gli U-Boot tedeschi. A partire dal 1943, gli squadroni di Swordfish, rischierati sulle portaerei di scorta e sui mercantili convertiti (MAC), divennero i principali protagonisti della protezione dei convogli artici e atlantici, grazie al radar ASV che consentiva di individuare i sommergibili in emersione anche al buio e con la nebbia. Gli Swordfish, armati con bombe di profondità e razzi, affondarono direttamente o contribuirono a distruggere almeno 14 U-Boot.

Ormai obsoleti come aerosiluranti e ricognitori, gli Swordfish rimasero insostituibili nel ruolo anti-sommergibile fino alla fine del conflitto per la loro robustezza, semplicità, autonomia e manovrabilità. Gli ultimi esemplari condussero pattugliamenti operativi al largo della Norvegia fino al maggio 1945, poco dopo la resa della Germania.

Complessivamente gli Swordfish svolsero 68.579 missioni durante il conflitto, in condizioni spesso proibitive. Le perdite furono pesanti, oltre la metà della produzione (1180 velivoli), ma ampiamente compensate dall’affondamento di circa 200.000 tonnellate di naviglio, 14 sommergibili e 20 aerei nemici.

Un bilancio di tutto rispetto per un aereo concepito nel decennio precedente, che seppe trasformare i suoi difetti (lentezza, antiquata struttura a doppia ala) in punti di forza grazie a robustezza, versatilità e infinita adattabilità. Lo Swordfish, pur decisamente superato come aerosilurante, si ritagliò un ruolo vitale fino alla fine della guerra come guardiano degli oceani, contrastando efficacemente la più grande minaccia alla sopravvivenza della Gran Bretagna: i sommergibili tedeschi.

Conclusioni

Il Fairey Swordfish è stato uno degli aeroplani più longevi e significativi della Seconda Guerra Mondiale. Entrato in servizio nel 1936 come aerosilurante imbarcato, si conquistò subito la reputazione di macchina robusta, affidabile e versatile, grazie al suo mix di semplicità costruttiva, eccellente manovrabilità a bassa velocità e notevole autonomia.

Sebbene datato come concezione (biplano con struttura in tubi saldati e tela) e lento anche per gli standard del 1939, lo Swordfish si rivelò sorprendentemente efficace in una vasta gamma di ruoli come il bombardamento in picchiata, il pattugliamento marittimo, la scorta ravvicinata, la posa di mine e persino il traino bersagli.

Ma fu nella lotta antisommergibile durante la battaglia dell’Atlantico che lo “Stringbag” dette il suo contributo più prezioso. Grazie all’armamento di bombe di profondità e razzi, al radar ASV per l’individuazione dei bersagli e alla capacità di operare in condizioni marginali dalle precarie portaerei di scorta, lo Swordfish si dimostrò un’arma determinante per la protezione dei vitali convogli artici e atlantici che tenevano in vita la Gran Bretagna.

Facile da pilotare, mantenere e riparare anche in condizioni disagiate, lo Swordfish sopperì alle carenze prestazionali con una eccezionale robustezza, autonomia, versatilità e capacità di assorbire danni. L’aereo sottostimato e “fuori tempo massimo” per antonomasia, schernito dai piloti per il suo aspetto antiquato, si guadagnò infine il rispetto di tutti sfilando nei cieli di Londra durante la vittoriosa parata della pace nel giugno 1946.

Con circa 2400 esemplari costruiti, migliaia di missioni svolte in tutti i teatri e in ogni condizione, lo Swordfish detiene un primato di longevità operativa tra i velivoli della sua generazione. Nessun altro aereo degli anni ’30 ebbe una carriera così lunga, intensa e gratificante, né dimostrò la stessa capacità di evolvere e adattarsi alle sfide sempre diverse della guerra. Il “Sacchetto di Spago”, come venne soprannominato per la sua struttura a traliccio, in realtà aveva poco di improvvisato: era una macchina meticolosamente progettata per un compito specifico, la cui stessa semplicità e “arretratezza” si rivelarono, alla prova dei fatti, punti di forza.

Oggi rimangono solo una manciata di Swordfish in condizioni di volo, ma custoditi gelosamente come reliquie di un’epoca eroica in cui uomini di carne e ossa, con macchine di legno e tela, fecero la storia. Il Fairey Swordfish è il velivolo che più di ogni altro incarna lo spirito e i valori della Fleet Air Arm durante il secondo conflitto mondiale: coraggio, abnegazione, versatilità, resilienza di fronte a ogni avversità. Un lento e antiquato biplano capace di imprese leggendarie.

Swordfish armati di lanciarazzi
Swordfish armati di lanciarazzi

Principali varianti del Fairey Swordfish

  • Swordfish I: prima versione in produzione di serie, 992 esemplari costruiti in totale di cui 300 dalla Blackburn su licenza e gli altri dalla Fairey. Alcuni esemplari erano dotati di galleggiante per essere usati come aerei imbarcati su navi non portaerei
  • Swordfish II: versione entrata in servizio nel 1943, motore Pegasus XXX da 750 cavalli, quasi tutti gli esemplari avevano lo scarico allungato e silenziato. Le semiali inferiori erano metalliche per permettere l’uso di razzi perforanti e propellente solido. Ne furono prodotti 1.080, tutti dalla Blackburn
  • Swordfish Mk III: versione dotata di motore Pegasus XXX e radar ASV per la ricerca di navi sotto la fusiera, entrata in servizio nel 1943. Il radar era efficace anche per la ricerca di sommergibili che navigavano in emersione (anche con lo shnorkel) ma impediva il trasporto di armamento sotto la fusoliera. Ne furono prodotti 320
  • Swordfish Mk IV: 59 Swordfish Mk II vennero convertiti per essere usati in addestramento, come armamento montavano solo la mitragliatrice posteriore difensiva e avevano abitacolo chiuso. Alcuni Mk IV vennero successivamente convertiti al traino bersagli.

Informazioni aggiuntive

  • Nazione: Gran Bretagna
  • Modello: Fairey Swordfish Mk. I
  • Costruttore: Fairey Aviation Co. Ltd
  • Tipo: Silurante
  • Motore:

    Bristol Pegasus III M3, radiale con 9 cilindri, raffreddato ad aria, 690 HP

  • Anno: 1938
  • Apertura alare m.: 13.87
  • Lunghezza m.: 11.07
  • Altezza m.: 3.91
  • Peso al decollo Kg.: 4.190
  • Velocità massima Km/h: 224 a 1.450 m.
  • Quota massima operativa m.: 3.260
  • Autonomia Km: 879 
  • Armamento difensivo:

    2 mitragliatrici

  • Equipaggio: 2-3 persone
  • Bibliografia – Riferimenti:
     
    • Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: ‎ 978-8804313823
    • Peter C. Smith: Combat Biplanes of World War II (Pen and Sword Military) ISBN: 978-1783400546
    • Underwater Malta
    • Uboat.net
     

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