Basato su una specifica richiesta della Luftwaffe, il DB 601 fu sviluppato nel 1929 nelle forme di uno snello motore della cilindrata di circa 30 litri. Il suo successo tra le altre cose è testimoniato dal fatto che venne prodotto su licenza da due paesi alleati della Germania nella Seconda Guerra Mondiale: l’Italia e il Giappone.
La potenza erogata dalla prima versione prodotta in serie, la A, era di circa 1000 cavalli, le versioni successive riuscirono ad erogare potenze sempre maggiori e sono alle origini del motore DB 605.
Il motore era dotato della distribuzione a quattro valvole per cilindro. Le bielle delle due bancate differivano nelle dimensioni con quelle di sinistra caratterizzate da una sezione notevolmente maggiore. Il DB 601 era sovralimentato attraverso un compressore centrifugo monostadio dotato di un complesso sistema idraulico di autoregolazione che operava in funzione della pressione barometrica, della composizione della miscela e del regime del motore. L’alimentazione avveniva con il sistema ad iniezione diretta realizzato dalla Bosch.
Uno dei principali vantaggi rispetto al suo pariclasse dell’epoca, il britannico Rolls Royce Merlin, era dato secondo i piloti proprio dal sistema di iniezione diretta del carburante, a differenza dell’alimentazione a carburatore infatti quella diretta è insensibile alle variazioni di assetto, in particolare quando l’aereo è sottoposto ad accelerazioni con G negativi, nei motori con carburatore per qualche istante il flusso della benzina si interrompe, lo stesso non accade nei motori ad alimentazione diretta.
Prodotto in Italia su licenza dall’Alfa Romeo e in Giappone dalla Kawasaki, il DB 601 è all’origine in questi due paesi a una famiglia di velivoli che finirono per presentare numerose somiglianze con il Messerschmitt 109 tedesco. Sia l’Italia che il Giappone non erano riusciti a sviluppare autonomamente un valido motore aeronautico raffreddato a liquido, si rivolsero quindi all’alleato tedesco che concesse la produzione su licenza di quello che all’epoca era il suo miglior motore.
L’adozione di questo motore portò in Italia alla costruzione del Macchi MC 202, considerato da molti il miglior caccia italiano della guerra e in Giappone al Kawaski Ki-61 Hien. In particolare quest’ultimo si discostava talmente tanto dalle tipiche produzioni nipponiche che gli alleati quando lo incontrarono per le prime volte pensarono di trovarsi di fronte a un aereo di progettazione tedesca o italiano, prodotto interamente su licenza.
Si trattava invece di un progetto originale giapponese anche se, inevitabilmente, l’adozione dello stesso propulsore portava a scelte di progettazione simili e quindi ad aerei che finivano per somigliarsi.