In questo articolo vedremo sinteticamente l’anatomia di un aereo, esaminandone in estrema sintesi le componenti che ne permettono il volo. Tutto quanto scritto si riferisce in particolare agli aerei in uso nel corso della Seconda Guerra Mondiale ma molti concetti sono comunque validi indipendentemente dal periodo storico.
Dato che è venuto fuori un post piuttosto lungo, per comodità riportiamo qui in cima uno schema dei principali argomenti trattati:
Le ali
Le ali sono lo strumento che permette alle macchine più pesanti dell’aria di sollevarsi da terra, ed è questo il motivo per cui tutti gli aerei le hanno.
Il funzionamento è semplice: un’ala ha una forma geometrica tale per cui quando viene investita da un flusso d’aria si crea una differenza di pressione tra la parte superiore e quella inferiore; parte dell’aria infatti passando sulla parte superiore dell’ala viene accelerata, mentre la parte passante al disotto viene rallentata.
La differenza di pressione fa sì che il disopra dell’ala venga “risucchiato”, e il disotto spinto dal basso verso l’alto il che consente all’aereo di volare.
Esistono infinite combinazioni geometriche nella realizzazione di una ala ed entrare nei dettagli sarebbe eccessivo, ci limiteremo a considerare le caratteristiche e la terminologia principale.
Profilo
Un’ala viene caratterizzata dal suo profilo, ovvero la forma che si vede tagliandone una fetta; questa potrà essere simmetrica o meno e le sue caratteristiche geometriche e aerodinamiche, strettamente legate tra loro, la identificano univocamente.
L’aggettivo laminare si riferisce ad un profilo creato per offrire una bassissima resistenza aerodinamica, risultato ottenibile facendo in modo che le asperità sulla superficie dell’ala siano bassissime. L’americano P 51 ad esempio deve gran parte dei suoi successi alla cura con cui venivano realizzate le ali.
Biplano, monoplano
Un’altra importante distinzione può essere fatta in base al numero delle ali. Durante la guerra furono usati solo aerei monoplani e biplani, ma le ali possono essere anche più di due.
I biplani sono caratterizzati da una maggiore agilità e, a parità di potenza del motore, da una migliore velocità di salita dei monoplani, ma sono più lenti a causa della maggiore resistenza aerodinamica.
I biplani dominarono il panorama degli aerei da caccia dalla fine della Prima Guerra Mondiale alla metà degli anni trenta, quando divenne evidente che i progressi compiuti dai bombardieri rendevano obsoleti questo tipo di aerei.
Ala bassa, media, alta
Guardando l’aereo di lato si vede che l’ala rispetto alla fusoliera può essere bassa, media o alta; non esistono sostanziali differenze tra le scelte, occorre solo notare che un’ala media, attraversando il centro della fusoliera, non è adatta ad aerei da trasporto destinati al carico di materiali ingombranti.
Freccia
L’angolo di freccia è formata dall’asse focale dei profili con la perpendicolare alla linea media di fusoliera; in parole povere dire che un aereo ha un’ala a freccia significa che guardandolo dall’alto si noteranno le estremità delle ali più arretrate del punto d’incontro con la fusoliera.
Quasi tutti gli aerei costruiti durante la guerra avevano un angolo di freccia nullo, ma i tedeschi scoprirono che aumentare questo angolo può ritardare i problemi di vibrazione che sorgono quando ci avvicinava alla velocità del suono. Alcuni aerei particolarmente veloci potevano trovarsi in guai seri se superavano una certa velocità, ad esempio con una picchiata prolungata, perchè potevano nascere delle vibrazioni seguite dalla distruzione dell’aereo. I due aerei che avevano un buon comportamento anche a velocità transoniche erano il tedesco Messerschmitt 262 e l’inglese Spitfire; il primo adottava un’ala a freccia, mentre quella del secondo era particolarmente sottile.
Diedro
L’angolo di diedro è formato dalla linea media dell’ala con l’orizzontale, la traduzione è che guardando l’aereo dal davanti si notano le estremità delle ali più in alto. Un diedro positive permette di rendere l’aereo intrinsecamente più stabile dato che tenderà naturalmente a tornare con le ali orizzontali in caso di manovra.
Ala a sbalzo
Un’importante novità della fine degli anni trenta fu l’introduzione della cosiddetta ala a sbalzo, ovvero assicurata alla fusoliera senza tutti i cavi che avevano caratterizzato le precedenti generazioni di aerei.
L’eliminazione dei tiranti permise una grane riduzione della resistenza e questo – insieme ad altri fattori – portò a un significativo miglioramento delle caratteristiche aerodinamiche, permettendo velocità prima impensabili.
I motori
Per poter funzionare un aereo ha bisogna di una spinta in avanti, allo stato attuale della tecnologia questa può essere ottenuta solo con un motore. Durante la Seconda Guerra Mondiale vennero usati in campo aeronautico quattro differenti tipi di motori; a questi bisognerebbe aggiungere il pulsoreattore e lo statoreattore, ma ebbero un uso talmente limitato da risultare poco più che esperimenti.
I primi due sono alternativi, ossia producono un moto alternato, non rotatorio; sono i motori a scoppio e si distinguono a seconda del sistema di raffreddamento adottato che può essere ad aria o a liquido. I motori diesel utilizzati durante la guerra non ebbero vasta diffusione; a riguardo occorre solo dire che dal punto di vista del funzionamento sono del tutto analoghi a quelli a benzina, vennero sperimentati perchè la loro economicità, come sa ogni automobilista, poteva permettere una maggiore autonomia ma il loro impiego fu molto limitato. Oltre ai motori a scoppio ne corso della guerra furono usati anche motori a reazione e motori a razzo.I motori alternativi generano potenza, non spinta, per questo hanno bisogno di un elica, a differenza dei reattori e dei razzi.
Motori raffreddati ad aria
Questi motori vengono anche definiti radiali perchè i cilindri sono disposti come i raggi di un cerchio, su una due o più file e sono raffreddati dall’aria che li attraversa, come nelle motociclette. A parità di potenza occupano una sezione maggiore di quelli raffreddati a liquido, proprio perchè i cilindri devono essere attraversati da un notevole flusso d’aria, sono quindi aerodinamicamicamente meno convenienti. Un altro svantaggio è che sono sensibili al clima del luogo e ci sono aerei, come l’americano Brewster Buffalo, che furono un successo nella guerra russo-finlandese, e un fallimento altrove.
Nel progetto di un aereo propulso da motore radiale doveva essere posta grande cura nel limitare gli inconvenienti aerodinamici causati dall’ingombro frontale e nell’assicurare un flusso d’aria sufficiente a raffreddare ogni parte del motore.
Il Fw 190 tedesco ad esempio aveva una fusoliera molto stretta, perfettamente raccordata con il motore; una ventola che girava ad una velocità tre volte superiore a quella dell’elica generava un raffreddamento omogeneo.
Motori raffreddati a liquido
I motori raffreddati a liquido sono detti anche in linea, perchè i cilindri sono disposti su una o più file nel senso della lunghezza del motore. A seconda della disposizione di queste file sono detti a X, a H o a V o a V rovesciata; contrariamente ai radiali, I motori in linea sono stretti e lunghi, quindi offrono una resistenza aerodinamica minore, un altro vantaggio è che il sistema di raffreddamento porta il liquido dove è più necessario, senza affidarsi ai capricci del clima. Gli svantaggi sono notevoli: in primo luogo un motore raffreddato a liquido è più pesante, a parità di potenza, di uno radiale, perchè al peso del motore vero e proprio bisogna aggiungere quello dei radiatori, dei tubi e del liquido di raffreddamento; poi è più vulnerabili, perchè un colpo che provochi la fuoriuscita del refrigerante provoca il grippaggio del motore dopo pochi minuti.
Per non perdere i vantaggi aerodinamici del motore occorre che i radiatori del liquido refrigerante siano accuratamente sistemati. Non esiste una regola generale, in quanto i progettisti proposero le soluzioni più diverse. In alcune versioni dello Spitfire un radiatore era posto asimmetricamente sotto un’ala in modo da contrastare il momento torcente dell’elica; Kurt Tank, il progettista del Fw 190 nella versione D adottò invece un radiatore anulare, posto immediatamente avanti al motore, questa scelta serviva a non aumentare la resistenza e ad accorciare il più possibili i condotti del liquido di raffreddamento.Gli americani con il loro Mustang studiarono un radiatore posto al di sotto della fusoliera così curato aerodinamicamente da generare una resistenza irrisoria.
I motori a scoppio, indipendentemente dal sistema di raffreddamento, hanno bisogno di aria per funzionare, anzi, maggiore è la quantità di aria che entra nei cilindri, maggiore sarà la potenza erogata. Per ottenere un maggior numero di cavalli anche al livello del mare, ma soprattutto per superare il problema della minor densità dell’aria ad alta quota, quasi tutti i motori a scoppio erano dotati di compressori, che aumentavano la quantità di aria che entrava nei cilindri.
Questo sistema risolveva certi problemi ma ne creava di nuovi, infatti la miscela di aria compressa e benzina che entrava nei cilindri poteva essere talmente calda da bruciare prima che la candela scoccasse la scintilla; questo fenomeno, noto agli automobilisti come “battito in testa” poteva essere superato o raffreddando l’aria immessa (intercooler), o usando benzina ad alto numero di ottani oppure ancora iniettando qualche liquido antidetonante insieme al carburante per superare l’inconveniente.
Gli Inglesi e gli Americani disponevano di benzine di alta qualità e quindi poterono sviluppare compressori sempre migliori per aumentare la potenza erogata dal motore. Il Rolls Royce Merlin, che fu uno dei migliori motori della guerra, era già pronto nel 1939; la sua cilindrata restò immutata, ma alla fine della guerra erogava una potenza quasi doppia, proprio grazie ai compressori adottati.
Un ulteriore miglioramento era il turbocompressore, ossia un compressore azionato dai gas di scarico. I vantaggi di questa soluzione erano due: il compressore funzionava “gratis”, nel senso che usava dell’energia che normalmente viene sprecata, in secondo luogo esso gira più velocemente proprio quando è necessario, perchè quando l’aria è meno densa è maggiore la differenza di pressione trai gas di scarico e l’atmosfera.
Lo svantaggio era che questo sistema era terribilmente ingombrante e richiedeva una progettazione particolare, tanto che alcuni aerei furono letteralmente disegnati attorno al sistema motore-turbcompressore, come il P 47 o il P 38 americani.
I tedeschi non avevano a disposizione le benzine ad alto numero di ottani necessarie per i motori sovralimentati, così per ottenere potenze crescenti costruirono nuovi motori di maggiore cilindrata e ricorsero ad una serie di “trucchi”, iniettando in momenti opportuni miscele combustibili o raffreddanti nei cilindri, ricavando altri cavalli. Naturalmente anche gli alleati conoscevano questi sistemi, ma pensarono che installare su un aereo tutta una serie di serbatoi di liquidi pesanti e pericolosi avrebbe creato più problemi che benefici e non avrebbe mai potuto sostituire il sistema di compressori.
Motori a reazione
Il principio di funzionamento di un motore a reazione è semplice: l’aria viene prima aspirata e compressa in un marchingegno opportunamente chiamato compressore, quindi viene mescolata col carburante, inviata nelle camere di combustione dove brucia. A questo punto la miscela, che è diventata molto più calda e veloce, viene fatta espandere sulla turbina, che serve a far girare il compressore, dopodichè esce dal motore. Il risultato di questo processo che l’aria esce molto più veloce di come entra, il che si traduce in una consistente spinta in avanti per l’aereo.
Il problema è che tutto questo è molto difficile da realizzare in pratica, soprattutto per la tecnologia degli anni quaranta. Le temperature ad esempio sono molto elevate e la turbina deve essere costruita con leghe speciali molto resistenti. Anche il compressore è più complicato di quanto sembri; proprio a seconda del tipo di compressore adottato i motori a reazione vengono divisi in due categorie: con compressore centrifugo o assiale.
Gli unici ad usare operativamente degli aerei a reazione durante la guerra furono gli Inglesi e i Tedeschi; i primi avevano una notevole esperienza nella costruzione dei compressori centrifughi perchè su di essi erano basati i sistemi di sovralimentazione dei motori a pistoni, così i primi reattori alleati furono dotati di compressore centrifugo. I tedeschi invece dovendo partire da zero svilupparono direttamente il compressore che alla fine si rivelerà migliore, quello assiale.
Il problema dei motori a reazione usati durante la guerra è che questi raggiungevano il limite massimo della tecnologia di quel periodo, per cui non erano molto affidabili. I motori tedeschi in particolare erano costruiti con una grande economia di leghe speciali, perchè queste erano introvabili in Germania alla fine della guerra, così i reattori tedeschi duravano poche ore prima di dover essere completamente revisionati o sostituiti.
I primi motori a reazione erano relativamente poco potenti, per cui tutti gli aerei di questo tipo, ad eccezione del de Havilland Vampire che comunque non fece in tempo a prender parte alla guerra, erano bimotori.
Motori a razzo
Gli aerei a razzo portano con sè sia il combustibile sia l’aria, o meglio l’ossigeno o qualcosa del genere in grado di bruciare. I due componenti vengono mescolati nella camera di combustione e fatti bruciare. Il risultato è una miscela di gas caldi molto veloci che escono dalla parte posteriore del motore e generano per reazione una poderosa spinta verso l’avanti.
Una peculiarità dei motori a razzo è che, non avendo bisogno di ossigeno, sono gli unici a poter funzionare al di fuori dell’atmosfera.
Tedeschi e Giapponesi furono gli unici ad utilizzare aerei con propulsione a razzo; i primi in particolare con il Messerschmitt 163 raggiunsero dei risultati notevoli, nel senso che le prestazioni dell’aereo in velocità e rateo di salita erano spettacolari, ma il motore era pericoloso, assetato di combustibile al punto che dopo una decina di minuti questo era completamente esaurito.
Prima e durante la guerra i progettisti aeronautici si dividevano in due categorie, a seconda della preferenza verso il raffreddamento a liquido o ad aria. La disputa tra le due fazioni venne definitivamente risolta solo dal quando il motore a reazione rese inutili ulteriori discussioni.
Come abbiamo visto i vantaggi del raffreddamento a liquido erano di tipo aerodinamico, mentre i radiali erano più leggeri e meno vulnerabili.
La disputa tra i sostenitori dei due tipi di motore può essere salomonicamente risolta notando che un motore non era migliore dell’altro, ma più adatto ad un particolare impiego; il problema principale del raffreddamento a liquido è la sua vulnerabilità, ma i piloti di Spitfire e Hurricane durante la battaglia d’Inghilterra ad esempio in caso di danneggiamento del sistema di raffreddamento riuscivano ad atterrare prima che il motore grippasse e nel peggiore di casi si lanciavano col paracadute. Altrettanto non si può dire dei piloti dei Messerschmitt 109 che nella stessa situazione venivano presi prigionieri.
Si potrebbe concludere che la maggiore vulnerabilità del motore in linea non è un grosso problema se equipaggia un caccia che operi a breve distanza dalla base, ma lo diventa se il pilota deve spingersi in territorio nemico. Per questo la maggior parte dei caccia europei aveva motori raffreddati a liquido, mentre nel Pacifico Giapponesi e Americani equipaggiarono i loro aerei a grande autonomia con motori radiali.
Ogni regola ha le sue eccezioni, e questa ne ha parecchie, ma a grandi linee si può dire che il peso dei vantaggi dell’una o dell’altra formula dipendeva molto dal tipo di impiego.
L’elica
L’elica serve a trasformare la potenza del motore in una spinta; le pale sono sagomate in modo da spingere l’aria all’indietro, di conseguenza, per il principio di azione e reazione elica e aereo che di solito sono ben assicurati ricevono una spinta in avanti.
In realtà le cose non sono così semplici perchè l’aria non viene spinta orizzontalmente come in un tubo, ma viaggia un po’ come una tromba d’aria, con la conseguenza che l’aereo tende ad “avvitarsi” su se stesso; questo spiega perchè i caccia monomotore tendevano a virare più velocemente da una parte che dall’altra. L’effetto era particolarmente pericoloso al decollo, quando col motore a pieno regime una semiala aveva la spiacevole tendenza ad abbassarsi e a toccare il terreno causando non pochi incidenti.
Negli aerei bimotore le eliche generalmente girano in senso opposto, ma il problema non è completamente risolto in quanto la spinta rimane comunque asimmetrica.
Quando la potenza del motore è elevata è necessaria un’elica di grandi dimensioni, anche se è chiaro che non si può superare un certo limite; un altro sistema per assorbire la potenza sempre crescente dei motori in uso fu quella di aumentare il numero delle pale, che passarono da due a cinque in certi aerei.
La fusoliera
Oltre a tenere insieme tutti gli altri pezzi dell’aereo, la fusoliera serve a contenere l’equipaggio, le bombe il carburante, la radio e un’infinità di altri aggeggi.
Dal punto di vista costruttivo la forma ideale per la fusoliera sarebbe a sezione quadrata, forma che permette di sfruttare gli spazi in maniera ottimali; purtroppo ciò si scontra con esigenze aerodinamiche che vorrebbero la fusoliera a forma di fuso e comunque con una sezione il più vicino possibile a quella circolare per cui in genere si giunge ad una soluzione di compromesso.
Negli aerei più grandi, come i bombardieri strategici, la fusoliera oltre alle bombe e all’equipaggio, ospita un discreto numero di mitraglieri il cui compito è di tenere a distanza i caccia nemici; in quelli da trasporto le caratteristiche aerodinamiche vengono in genere sacrificate per poter trasportare un maggior carico, ragion per cui questi hanno spesso fusoliera quasi quadrata con un ampio portellone di carico.
Il caso opposto è quello dei caccia, per i quali la velocità è un fattore essenziale; in questi aerei la fusoliera era progettata per raccordarsi nel miglior modo con la carenatura dei motori, spesso costringendo i piloti in abitacoli angusti.
La coda
Pe quanto strano possa sembrare la coda non è un elemento assolutamente indispensabile in un aereo, ma solo alla fine della guerra i progettisti tedeschi realizzarono un aereo funzionante privo di piani di coda, il Gotha 229, noto anche come Horten X, ma fu molti anni dopo che i loro studi vennero sviluppati in aerei più diffusi, come il Concorde, per citare l’esempio più diffuso.
Per eliminare tutte le eccezioni vediamo anche il giapponese J7W Shinden che fu l’unico aereo della guerra ad avere il piano di coda orizzontale posto davanti all’ala.
Nella disposizione classica i piani di coda sono disposti in fondo alla fusoliera, sono a forma di croce con una parte orizzontale e una verticale. La parte verticale fissa si chiama deriva, quella mobile, che viene controllata dal pilota con i pedali, timone. Il piano orizzontale fisso si chiama stabilizzatore, quello mobile equilibratore.
Per quanto esistano infinite possibilità per disporre i piani di coda, durante la guerra solo poche vennero usate operativamente. Per prima cosa piano orizzontale e verticale erano sempre perpendicolari, inoltre in alcuni aerei il piano verticale era sdoppiato, a volte per permettere il tiro di una mitragliatrice difensiva oppure per ragioni aerodinamiche; in questo caso l’aereo veniva detto bideriva.
L’unico aereo della guerra privo di piano di coda orizzontale fu il Messerschmitt 163; in questo aereo il compito dell’equilibratore viene svolto da superfici mobili dette elevoni che fanno corpo con l’ala.
Il Carrello
Il carrello è un elemento indispensabile visto che permette all’aereo di tornare a terra per i rifornimenti e le necessità dell’equipaggio. Verso la fine degli anni trenta la maggior parte degli aerei aveva ancora il carrello fisso, magari carenato aerodinamicamente, poi ci si accorse che i benefici derivanti da una configurazione “pulita” erano tali da giustificare ampiamente le complicazioni e gli aumenti di perso necessari per un carrello retrattile.
Un carrello retrattile comunque presenta alcuni svantaggi: il primo è basato sul principio ingegneristico che un meccanismo in più è qualcosa in più che si può guastare; il secondo è che con tutte le sue parti idrauliche è vulnerabile e spesso piloti di aerei danneggiati furono costretti ad atterrare direttamente sulla pancia dell’aereo.
Il carrello deve essere sufficientemente robusto da sopportare i violenti urti causati da atterraggi particolarmente violenti, il che era vero soprattutto per gli aerei basati su portaerei, tanto che il Corsair venne progettato con le ali piegate in basso proprio per ridurre la lunghezza della gambe del carrello.
In base a come sono disposte le ruote il carrello viene denominato triciclo posteriore (il più usato durante la guerra) o anteriore. Il triciclo posteriore richiede una manovra in più durante il decollo, in quanto il pilota, quando ha raggiunto una sufficiente velocità, deve prima abbassare il muso per portare l’aereo all’assetto corretto, quindi richiamare per alzarsi da terra. Come se non bastasse è anche più pericoloso in quanto una frenata troppo violenta o una manovra errata può portare le elica a contatto del suolo oppure, nel peggiore dei casi, far cappottare l’aereo. L’unico lato positivo del carrello triciclo posteriore è che è costruttivamente più semplice e, date le sue dimensione, permette di lasciare il ruotino posteriore esterno e fisso.
Una volta retratte le ruote possono finire in fusoliera, nelle ali o nelle gondole motrici, a seconda dello spazio a disposizione e delle scelte del progettista.
Le superfici di controllo
Oltre agli ipersostentatori un aereo è dotato di altre superfici mobili che permettono di controllare l’aereo; queste sono gli alettoni, l’equilibratore e il timone.
Gli alettoni
Questi sono due superfici mobili poste alle estremità esterne delle ali che permettono di controllare il velivolo attorno all’asse di rollio, ovvero fanno abbassare un’ala mentre l’altra si alza e viceversa.
Quando il pilota sosta la barra verso destra, ad esempio (oppure ruota il volantino nella stessa direzione) l’alettone dell’ala destra ruota verso l’alto e quello sinistro verso il basso, in questo modo cambiano in maniera asimmetrica le caratteristiche aerodinamiche delle due semiali e si ottiene la manovra desiderata.
L’equilibratore
L’equilibratore è la superficie mobile che permette il controllo attorno all’asse di beccheggio, ovvero fa alzare o abbassare il muso dell’aereo. Quando il pilota infatti tira la barra verso di sè, fa muovere l’equilibratore, che è costituito dalla superficie mobile posta all’estremità posteriore del piano di coda orizzontale, e questo ruota verso l’alto. L’effetto aerodinamico complessivo è che l’aereo tende ad alzare il muso.
Il timone
Il timone controlla l’aereo attorno all’asse di imbardata, ergo fa girare l’aereo a destra o a sinistra.
Il pilota ottiene questo controllo con i pedali per cui quando preme il pedale destro il timone viene deflesso in questa direzione e l’aereo tende a ruotare.
Gli ipersostentatori
Gli ipersostentatori sono superfici mobili poste all’estremità posteriore dell’ala e che normalmente fanno corpo con l’ala stessa ma vengono fatte ruotare verso il basso nelle fasi di decollo e atterraggio.
Con la rotazione degli ipersostentatori o flap si ottiene il duplice effetto di incrementare la portanza e la resistenza permettendo quindi di decollare e atterrare a velocità minori e con piste più corte.
Tutti gli aerei della seconda guerra mondiale atterravano e decollavano in spazi che al giorno d’oggi sembrano cortissimi, con l’eccezione degli aerei a getto tedeschi della fine della guerra che avevano invece bisogno di piste di più di un chilometro, ma è sui velivoli basati sulle portaerei che il problema diventa di fondamentale importanza, ed è proprio per aerei di questo tipo che gli ipersostentatori vennero accuratamente studiati.
L’abitacolo
L’abitacolo deve consentire al pilota (o ai piloti se sono due) la posizione più comoda possibile oltre a contenere un discreto numero di strumenti, la radio, la bombola per l’ossigeno ecc. Inoltre anche se alcune nazioni come Italia e Giappone iniziarono la guerra con i loro aerei praticamente privi di corazzatura, fu presto chiaro che era indispensabile proteggere nel miglior modo possibile i piloti, rivestendo i sedili e proteggendo la testa con una robusta corazza e usando come parabrezza un vetro blindato. Il risultato era che nella maggior parte dei casi gli abitacoli erano strettissimi, soprattutto nei caccia monomotore, ed offrivano una visibilità molto limitata.
In un aereo da caccia la visibilità è un fattore assolutamente essenziale dato che il pilota che vede per primo il nemico è quello che ha le migliori probabilità di tornare a casa, ma i piloti da caccia non avevano una vita facile. Provate a immaginare la scena: state entrando nell’abitacolo di un tipico caccia dei primi anni della guerra, uno Spitfire o un Messerschmitt 109; dopo essere stati inseriti nell’abitacolo (bardati di paracadute, pistola, giacca pesante e giubbetto di salvataggio la vostra agilità lascia alquanto a desiderare) vi date un’occhiata intorno, davanti il motore copre praticamente tutta la visuale e siete seduti troppo in basso per poter guardare come si deve a destra e a sinistra. Naturalmente c’è uno specchietto retrovisore, ma dietro la vostra testa c’è una spessa lastra blindata, quindi anche da quella parte avete la vista bloccata. L’unica direzione di visuale soddisfacente è verso l’alto ma appena i meccanici chiudono il tettuccio con i suoi spessi montanti la visibilità peggiora ancora.
In volo naturalmente le cose miglioravano perchè il muso dell’aereo era più basso e almeno verso l’avanti, collimatore e strumenti permettendo, la situazione migliorava, ma non era certo ideale.
Numerosi miglioramenti furono ottenuti durante la guerra, uno per tutti l’adozione dei tettucci a bolla, cioè privi di montanti metallici, ma i piloti non smisero mai di lamentarsi. Nei bimotori la situazione migliorava, in quanto non c’era l’ingombro del motore anteriore, inoltre in Italia all’inizio della guerra la visibilità veniva considerata la caratteristica più importante per gli aerei da caccia ed è per questo che i primi monoplani monomotore italiani avevano quella caratteristica gobba, per consentire al pilota di tenere la testa più sollevata, ma in questo modo le caratteristiche aerodinamiche, cioè la velocità, risultavano inferiori.
Come sempre la soluzione ideale non esiste, o meglio era un compromesso e si sopperiva alle carenze ineliminabili con formazioni di volo particolari. Per eliminare il problema della totale cecità verso il basso e indietro i caccia volavano almeno in coppia in modo che i due piloti si controllassero le spalle a vicenda e se un pilota rimaneva per caso isolato faceva del suo meglio, cioè continuava a far oscillare l’aereo per guardare in tutte le direzioni ma finchè che era possibile i caccia evitavano di volare soli.
A questo punto rimane da chiarire un dubbio che a qualcuno potrebbe essere venuto, riguardo cioè l’uso dei radar; esistevano naturalmente, ma tutto quello che poteva fare la tecnica dell’epoca si limitava ad un avviso del controllore a terra del tipo “dovrebbe esserci un aereo dalle tue parti” e questo già nell’ottimistica previsione che l’operatore radar riuscisse ad identificare correttamente i due aerei. Inoltre non esistevano missili radar guidati e altre diavolerie del genere per cui l’unico modo di abbattere un aereo nemico era sparargli e per poterlo fare bisognava vederlo.
I serbatoi
Nella maggior parte degli aerei i serbatoi del carburante sono sistemati nella fusoliera e/o nelle ali, in alcune missioni per incrementare l’autonomia per situazioni particolari venivano usati dei serbatoi esterni che una volta esauriti venivano sganciati; è evidente che il metodo più semplice per incrementare l’autonomia di un aereo consiste nell’aumentare la quantità di carburante trasportata e questa soluzione era adottata soprattutto per i piccoli aerei da caccia nei quali lo spazio interno riservato al trasporto di combustibile era estremamente ridotto. Gli svantaggi di un serbatoio supplementare esterno sono essenzialmente di tipo aerodinamico visto che appendere qualcosa sotto le ali provoca un mostruoso incremento di resistenza, ragion per cui venivano mollati prima di entrare in combattimento.
I serbatoi di carburante sono per definizione un punto molto delicato dell’aereo; sembra quindi ovvio che questi debbano essere adeguatamente protetti; i sistemi adottati a tale scopo erano essenzialmente di due tipi: attivo e passivo. La protezione passiva consisteva nel proteggere il serbatoio con una corazzatura (che per ragioni di peso doveva comunque essere limitata ad alcune zone) e più spesso con uno strato di gomma grezza che avvolgeva il serbatoio. Il principio è che se un serbatoio viene colpito la benzina comincia a uscire e scioglie la gomma che cola e chiude il foro; quando sono muniti di questa protezione i serbatoi vengono detti autostagnanti. Naturalmente funzionava solo per fori piuttosto piccoli. La protezione attiva consiste invece in un sistema di travaso per cui se un serbatoio viene colpito la maggior quantità possibile di combustibile viene trasferita ad altri integri.
Come sempre furono i Giapponesi gli ultimi ad adottare protezioni per i serbatoi, così come per l equipaggio, sempre nel più totale disprezzo dei danni che il nemico poteva infliggere.
L’armamento
Sulle armi che gli aerei portavano in volo si potrebbero scrive diversi libri (e naturalmente è stato fatto), ma noi ci limiteremo ad una descrizione superficiale. La prima distinzione da fare è tra armamento aria aria ed aria terra o aria acqua.
Armamento aria aria
Per attaccare aerei nemici nella Seconda Guerra Mondiale furono usati cannoni, mitragliatrici, razzi bombe e un missile arrivò vicinissimo alla fase finale di sviluppo prima della fine della guerra.
La distinzione tra mitragliatrici e cannoni è in un certo senso arbitraria ed in genere in aeronautica si considera cannone ogni armamento di calibro maggiore o uguale a 15 mm. Quasi tutte le nazioni iniziarono la guerra con armamento prevalentemente costituito da mitragliatrici di piccolo calibro, ma divenne presto evidente che queste erano insufficienti dopo l’introduzione di serbatoi autostagnanti e corazzature come misure difensive. Furono quindi introdotte le mitragliatrici pesanti, di calibro 12,5 e poi cannoni di calibro sempre più maggiore.
Già durante la battaglia d’Inghilterra divenne evidente che mitragliatrici di piccolo calibro erano inadeguate per affrontare gli aerei da bombardamento sempre meglio difesi. Rapporti della Luftwaffe di quel periodo, assolutamente autentici, riferiscono di Heinkel 111 tornati a casa con più di cento fori causati da colpi da 7.7 delle mitragliatrici degli Hurricane e degli Spitfire inglesi. Vennero così introdotte armi sempre più pesanti che erano le uniche a poter infliggere danni di rilievo ai quadrimotore pesanti.
Mitragliatrici leggere e pesanti delle varie nazioni erano praticamente equivalenti, anche se forse furono i Russi ad usare in entrambi i casi le armi migliori.
Un armamento costituito da sole mitragliatrici è efficace nei confronti di caccia e bombardieri medi, così che gli americani che per tutta la guerra affrontarono aerei di questo tipo standardizzarono l’armamento nella mitragliatrice Browning da 12.7 mm e questa scelta si mostrò indovinata, ma le aviazioni dell’asse scoprirono a loro spese che occorreva un armamento pesante per attaccare con successo le formazioni di quadrimotore alleati. Mediamente occorrevano 20 centri con un cannone da 20 mm per abbattere un B 17 il che, tenuto conto del fatto che il pilota medio centrava il 2% dei colpi sparati e della cadenza di tiro di armi di questo calibro, si traduceva in una raffica di 8 secondi. Soprattutto in Germania vennero quindi studiati cannoni di calibro sempre maggiore ma l’aumento del calibro del proiettile porta anche alcuni svantaggi: l’arma è più ingombrante e pesante e la cadenza di tiro è inferiore.
Armamento aria terra e aria acqua
I sistemi di puntamento
Prima della guerra vennero provate diverse soluzioni per migliore la precisione dei bombardieri, quasi tutte le nazioni svilupparono aerei da bombardamento in picchiata perchè erano più efficaci e i tedeschi portarono all’eccesso questo concetto tanto da prendere capacità di attacco in picchiata anche da un enorme aereo quadrimotore come lo He 177.
Gli Stati Uniti svilupparono un sistema di puntamento per i bombardieri tradizionali chiamato Norden. Questo era il massimo della tecnologia dell’epoca, includeva un giroscopio e altri congegni per calcolare la velocità relativa dell’aereo rispetto al suolo e altri fattori, il principio era che il puntatore doveva tenere inquadrato il bersaglio al centro del mirino e i suoi movimenti fornivano al congegno tutte le informazioni necessarie per i calcoli, al momento giusto il Norden sganciava le bombe. Nei desideri dei progettisti il dispositivo avrebbe permesso di colpire un bersaglio di 30 metri da un’altezza di 7.000 metri ma solo in rarissime occasioni ci si avvicinò a questo obiettivo. C’è il problema della visibilità: se il cielo è coperto il puntatore non può vedere il bersaglio, inoltre 30 metri sono una grandezza sufficiente se si sta cercando di colpire un edificio, molto meno se il bersaglio è un ponte o addirittura una nave in movimento.
I tedeschi prima della guerra riuscirono ad avere da una spia i piani di costruzione del Norden e sulla base di questi svilupparono un sistema analogo, con alcuni miglioramenti, chiamato Lotfernrohr 7 o Lofte 7.
Riuscire a colpire un aereo per un caccia non è semplice: il pilota non deve puntare a dove si trova il bersaglio ma a dove questo sarà quando i proiettili arriveranno. Sia il bersaglio sia l’attaccante infatti sono in movimento con una velocità non trascurabile, il caccia può sparare dritto davanti a sè solo se si trova esattamente dietro il nemico e questo vola orizzontalmente, come si vede nei film ma come accadeva raramente in guerra.
Prima della guerra i piloti da caccia avevano davanti a sè un semplice mirino, come nei fucili da caccia. Uno dei limiti di questo sistema era dato dal meccanismo di funzionamento dell’occhio umano: il mirino si trova molto vicino al pilota mentre il bersaglio è lontano, l’occhio fatica a mettere a fuoco due oggetti così disposti e così quasi tutte le nazioni inventarono il collimatore a riflession, un sistema per cui gli anelli del bersaglio erano proiettati su un vetrino posto davanti al pilota messi a fuoco all’infinito e con una intensità luminosa regolabile. Questo sistema era una evoluzione rispetto agli anelli metallici precedenti ma in fondo non più di tanto.
Il calcolo dell’angolo di deflessione, ovvero la capacità di puntare le armi nel punto corretto davanti al bersaglio, era quello che faceva la differenza tra un veterano e un principiante, per migliorare la capacità di tiro dei piloti meno esperti inglesi e tedeschi cominciarono a lavorare già prima di guerra a qualcosa di più sofisticato. Le informazioni necessarie per il tiro erano la distanza dall’aereo nemico e la sua traiettoria, per calcolare quest’ultima il sistema si calcolava quella dell’attaccante in base al principio che l’inseguitore per star dietro al suo bersaglio doveva imporre all’aereo accelerazioni e traiettorie simili. Per il calcolo della distanza venne piazzato un altro marchingegno davanti al pilota con un vetrino su cui era proiettato un cerchio, prima dell’attacco veniva impostata l’apertura alare del bersaglio e quinti il pilota agendo su con il pollice su una leva posta sulla cloche, doveva tenere l’areo bersaglio all’interno del cerchio, aumentando o diminuendo il diametro.
Il collimatore giroscopico funzionava, sia gli alleati sia i tedeschi ottennero ottimi risultati nei mesi finali della guerra ma questi non furono molto diffusi dato che erano costosi, ingombranti e tutto sommato inutili per i piloti veramente esperti.
Radio, radar ed equipaggiamenti elettronici
All’inizio della guerra non tutti gli aerei erano muniti di radio, i piloti in formazione comunicavano tra loro a gesti ma ci si accorse rapidamente che un dispositivo per comunicare moltiplicava l’efficacia degli aerei e furono rapidamente sviluppati sistemi di comunicazione affidabili. La radio era usata sia per comunicare con gli altri aerei della stessa formazione sia per ricevere o inviare indicazioni a terra.
Quasi tutte le nazioni iniziarono a sviluppare dei radar negli anni trenta, contrariamente a quello che si pensa i Tedeschi erano piuttosto avanti nello sviluppo di questi sistemi di rilevamento ma furono gli Inglesi a usarli per primi con grande efficacia nel corso della Battaglia d’Inghilterra. Gli apparati per il rilevamento di velivoli nemici in volo erano enormi, installati a terra in postazioni fisse. I segnali erano interpretati da specialisti e le informazioni venivano studiate in varie War Room dove un controllore di volo a terra inviava i caccia per l’intercettazione dirigendoli via radio.
Nel corso della guerra furono sviluppati radar di dimensioni inferiori e più leggeri, la loro portata era minore ma potevano essere trasportati in volo, in questo moto i caccia notturni potevano essere guidati verso il bersaglio dalle postazioni di controllo a terra e poi usare il radar a bordo per l’avvicinamento finale al nemico.
2 commenti
ALETTONI:
Quando si sposta la cloche verso destra, l’alettone di destra ruota vero l’alto e quello di sinistra verso il basso . SE FOSSE COME DA LEI DESCRITTO, L’AEREO VIREREBBE DALLA PARTE OPPOSTA!
Correggere. Cpt.Roberti
Grazie Capitano, ha ovviamente ragione, correzione recepita!