Lo Z 501 era un idrovolante dotato di buone caratteristiche di volo e nelle file della Regia aeronautica aerei di questo tipo volarono per tutta la durata della guerra.
Con l’armistizio gli esemplari superstiti furono impiegati dall’aviazione cobelligerante, dalla R.S.I. e persino della Luftwaffe. Impiegati principalmente per la ricognizione, questi idrovolanti vennero impiegati costantemente in tutto il Mediterraneo, svolgendo anche compiti di scorta ai convogli, pattugliamento antisommergibile e soccorso in mare.
I principali difetti del Gabbiano (questo il soprannome ufficiale dell’aereo) erano la bassa velocità e lo scarso armamento difensivo che ne facevano una facile preda della caccia nemica. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale gli oltre 200 Cant Z.501 prodotti pattugliarono il Mediterraneo in lungo e il largo, impegnato soprattutto in missioni di soccorso che fece guadagnare all’aereo il soprannome non ufficiale di Mammaiuto.
Il Cant Z.501 è un idrovolante monomotore a scafo centrale, con due galleggianti laterali, ad ala alta. Il motore, un Isotta Fraschini raffreddato a liquido, si trova al centro dell’ala. Lo Z.501 ha struttura interamente in legno, con rivestimento misto in legno e tela.
Il CANT Z.501 Gabbiano fu un idrovolante da ricognizione ad ala alta a parasole prodotto dall’azienda italiana CANT (Cantieri Aeronautici e Navali Triestini) nella seconda metà degli anni ’30. Nonostante fosse già un progetto superato allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, questo elegante velivolo dalla linea aerodinamica pulita venne ampiamente utilizzato dalla Regia Aeronautica durante tutto il conflitto, sopportando un pesante tributo di perdite.
La genesi del progetto
La storia del Gabbiano affonda le sue radici nel 1934, quando l’ingegner Filippo Zappata, uno dei più brillanti e innovativi progettisti aeronautici italiani dell’epoca, di ritorno in patria dopo un periodo di lavoro in Francia presso la Blériot Aéronautique, venne incaricato dalla CANT di sviluppare un nuovo idrovolante da ricognizione marittima a lungo raggio per sostituire l’ormai obsoleto Savoia-Marchetti S.78.
Zappata, che già in passato aveva firmato progetti di successo per la CANT, tra cui il veloce idrocorsa Macchi-Castoldi M.C.72, mise sul tavolo da disegno tutta la sua esperienza e creatività. Il risultato fu un velivolo dall’aspetto moderno ed elegante, un monoplano dalla struttura interamente metallica caratterizzato dall’ala alta a parasole e dalla presenza di due sottili galleggianti equilibratori alle estremità alari.
La propulsione era affidata a un potente motore Isotta Fraschini Asso XI da 840 CV, racchiuso in un’ampia gondola aerodinamica collocata al centro dell’ala. L’equipaggio, composto da 4-5 persone, trovava posto in una spaziosa cabina vetrata ricavata nella fusoliera, che terminava in una coda dall’impennaggio tradizionale monoderiva.
Il prototipo del Z.501, battezzato con l’evocativa matricola I-CANT, venne portato in volo per la prima volta il 7 febbraio 1934 dal collaudatore Mario Stoppani sull’idroscalo di Monfalcone. Le prove rivelarono subito le buone caratteristiche della macchina: il Gabbiano era un idrovolante ben riuscito, dalle ottime qualità di volo, robustezza strutturale e soprattutto grande autonomia.
I record di distanza
Proprio la notevole autonomia fu una delle caratteristiche più significative del Z.501. Nella sua versione appositamente allestita per i primati a lungo raggio, battezzata I-AGIL, l’idrovolante di Zappata si dimostrò in grado di volare ininterrottamente per oltre 20 ore, coprendo distanze superiori ai 4.000 km.
Il 19-20 maggio 1934, dopo un volo di collaudo durato ben 25 ore, Stoppani e il suo equipaggio portarono l’I-AGIL a battere il prestigioso record mondiale di distanza per idrovolanti, volando per 4.130 km da Monfalcone a Massaua, in Eritrea, in 26 ore e 35 minuti. Un risultato notevole per l’epoca, che dimostrò le grandi potenzialità del progetto CANT.
Il record venne ulteriormente migliorato il 16 luglio successivo, quando l’instancabile I-AGIL volò per ben 4.930 km da Monfalcone a Berbera, allora in Somalia italiana, in 25 ore di volo no-stop. Un primato che sarebbe rimasto imbattuto ancora per diversi anni e che proiettò il Gabbiano sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale e internazionale.
L’entrata in servizio e l’impiego bellico
Forte di questi lusinghieri successi, che avevano messo in mostra le qualità del nuovo idrovolante, la Regia Aeronautica si affrettò a ordinare una prima serie di 24 esemplari di Z.501, cui si aggiunsero presto altri 30 esemplari prodotti su licenza dalla Aeronautica Sicula di Palermo. La produzione totale raggiunse infine la ragguardevole cifra di 454 velivoli, di cui 218 costruiti direttamente dalla CANT e 236 realizzati dall’azienda siciliana.
I primi reparti ad essere interamente riequipaggiati con il nuovo idro furono, già nel corso del 1937, la 141ª Squadriglia di stanza sull’idroscalo di Massaua in Eritrea, cui seguirono il 83º Gruppo di Augusta e le Squadriglie 85ª e 62ª. Alla fatidica data del 10 giugno 1940, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia, la Regia Aeronautica schierava complessivamente 202 CANT Z.501 Gabbiano, distribuiti su 15 squadriglie da ricognizione marittima.
Durante il lungo e logorante conflitto, gli idrovolanti della CANT vennero impiegati intensivamente per le più disparate missioni: dalla ricognizione strategica alla scorta dei convogli, dal soccorso agli equipaggi abbattuti alle azioni di bombardamento contro unità navali e sommergibili nemici, grazie alla loro capacità di trasportare fino a 640 kg di bombe o siluri. In virtù della lunga autonomia, ben 12 ore di volo, i Gabbiani si spinsero in missione su tutti i principali scacchieri del Mediterraneo, dal Canale di Sicilia alle coste greche, dal Nordafrica al Mar Egeo.
Nonostante le indubbie qualità nautiche e la robustezza strutturale, il Z.501 si rivelò però drammaticamente vulnerabile una volta costretto a operare in un ambiente ad alta intensità come quello della Seconda Guerra Mondiale. La bassa velocità massima, non superiore a 275 km/h, e la quasi totale mancanza di corazzature e serbatoi autostagnanti resero questo gracile idro una facile preda per i micidiali caccia avversari, spesso armati con più pesanti mitragliatrici da 20 mm.
Le perdite furono di conseguenza pesantissime: già alla fine del 1940, dopo appena sei mesi di guerra, dei 202 esemplari in carico all’inizio del conflitto ne restavano in servizio solo 126, di cui appena 87 in condizioni di piena efficienza operativa. Per tamponare le falle nei reparti, la produzione venne intensificata, ma senza mai riuscire a star dietro al ritmo spaventoso dell’usura.
Nel corso del 1941 la situazione migliorò leggermente e il numero di Z.501 operativi risalì a una media di 100 esemplari, toccando il picco di 108 macchine nella prima metà del 1942, ma le perdite continuarono inesorabilmente a essere altissime. Alla fine del 1942 restavano in servizio 199 Gabbiani, di cui solo 88 effettivamente in grado di volare e combattere. Alla data dell’armistizio, l’8 settembre 1943, permanevano in linea appena 84 Z.501.
Gli esemplari superstiti, poche decine, continuarono a prestare servizio fino al termine del conflitto mondiale sia con l’Aeronautica Nazionale Repubblicana della RSI sia con l’Aeronautica Cobelligerante Italiana schierata a fianco degli Alleati, ma ormai adibiti esclusivamente a compiti di seconda linea come il collegamento, l’addestramento e il soccorso in mare.
Nel corso della guerra, limitate aliquote di Z.501 furono cedute ad alcune nazioni amiche o alleate dell’Italia. In particolare, 12 velivoli raggiunsero la Romania nei primi mesi del 1941 e vennero impiegati con alterna fortuna sul Mar Nero, rivendicando l’affondamento di due sommergibili sovietici ma subendo a loro volta diverse perdite, tra cui un esemplare abbattuto dal fuoco del famoso asso sovietico Grigorij Rečkalov.
Altri Gabbiani combatterono sotto le insegne dell’Aviazione Legionaria durante la Guerra Civile Spagnola, contribuendo allo sforzo bellico dei nazionalisti franchisti ma ancora una volta senza poter incidere significativamente sulle sorti del conflitto.
Eredità
Al termine delle ostilità, i pochi Gabbiani scampati alla Guerra vennero presi in carico dalla ricostituita Aeronautica Militare Italiana, rimanendo in servizio ancora per alcuni anni nel ruolo di addestratori e aerei da collegamento, prima del definitivo pensionamento avvenuto nel corso del 1950.
Si concluse così, senza troppi rimpianti, la parabola di questo discendente degli eleganti idrocorsa anni ’20 e ’30, ingrigito e appesantito dalla dura realtà bellica. Troppo lento e vulnerabile per sopravvivere negli infuocati cieli della Seconda Guerra Mondiale, il Gabbiano pagò a caro prezzo la sua inadeguatezza di fronte al rapido progresso tecnologico che nel volgere di pochi anni aveva reso anacronistici e sorpassati anche i più moderni progetti della metà degli anni ’30.
Eppure, nonostante i suoi evidenti limiti e il pesante bilancio di perdite, il CANT Z.501 merita di essere ricordato e onorato come un importante tassello nella storia dell’aviazione italiana. Un velivolo che, pur non potendo competere in prestazioni pure con i migliori idrovolanti da ricognizione della sua epoca, come lo Short Sunderland britannico o il Kawanishi H6K giapponese, dimostrò tuttavia di possedere alcune caratteristiche uniche, come la straordinaria autonomia e la capacità di operare nelle condizioni più proibitive.
Con i suoi 454 esemplari prodotti, inoltre, il Gabbiano rappresentò indubbiamente un successo industriale non trascurabile per l’ancora giovane industria aeronautica nazionale, confermando la vitalità e le potenzialità del comparto cantieristico italiano specializzato nella produzione di idrovolanti.
Principali varianti del CANT Z.501
- Z.501: versione di serie, prodotta in più di 200 esemplari
Informazioni aggiuntive
- Nazione: Italia
- Modello: CANT Z.501
- Costruttore: Cantieri Riuniti dell'Adriatico
- Tipo: Ricognizione
- Motore:
Isotta-Fraschini Asso XI RC 15, a 12 cilindri a V, raffreddato a liquido, da 900 HP
- Anno: 1934
- Apertura alare m.: 22.50
- Lunghezza m.: 14.95
- Altezza m.: 4.43
- Peso al decollo Kg.: 5.950
- Velocità massima Km/h: 275
- Quota massima operativa m.: 7.000
- Autonomia Km: 2.600
- Armamento difensivo:
3 mitragliatrici
- Equipaggio: 4-5
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Naval Encyclopedia