Il P 38 è un bimotore da caccia pesante, probabilmente il migliore della guerra, ed ottenne più vittorie di qualunque altro aereo americano contro i giapponesi.
L’impostazione dell’aereo, assai inconsueta, è dovuta a precise scelte dei progettisti che, per ottenere le prestazioni richieste ritennero indispensabili i turbocompressori azionati dai gas di scarico, aggeggi piuttosto ingombranti che trovano posto con i motori e le gambe laterali del carrello nelle due travi, cui sono anche attaccati i timoni di coda. Nella piccola fusoliera centrale ci sono il pilota, la gamba anteriore del carrello e l’armamento, decisamente notevole, costituito da un cannone da 20 mm e da quattro mitragliatrici pesanti.
La concentrazione dell’armamento nella estrema prua, non dovendo limitare la cadenza di tiro per evitare di danneggiare le eliche è una soluzione particolarmente vantaggiosa.
I pesanti turbocompressori si rivelarono indispensabili: quando venne fatto un tentativo di semplificare la produzione eliminandoli si osservò un grave scadimento delle prestazione che costrinse a ritornare alla configurazione iniziale.
I P 38 avevano anche la possibilità di trasportare un notevole carico bellico, oppure una quantità di carburante in serbatoi supplementari esterni. Quest’ultima possibilità estendeva notevolmente il raggio d’azione del Lightning, consentendone l’uso come scorta ai bombardieri.
Il Lockheed P 38 Lightning è un bimotore monoplano a doppio trave di coda e carrello di tipo triciclo anteriore; la propulsione è affidata a due motori Allison in linea sovralimentati.
Il Lockheed P-38 Lightning fu uno dei caccia più caratteristici e importanti della Seconda Guerra Mondiale. Grazie alla sua configurazione con doppia trave di coda, motori turbocompressi e eccellenti prestazioni ad alta quota, questo monoplano interamente metallico si dimostrò uno degli aerei da combattimento più versatili ed efficaci del conflitto. Ecco la sua storia, dalla genesi alla consacrazione come uno dei grandi protagonisti dell’aviazione militare americana.
Progetto e sviluppo
La Lockheed Corporation iniziò a lavorare al progetto del P-38 in risposta a una specifica emessa dall’United States Army Air Corps (USAAC) nel febbraio 1937. Il documento delineava le caratteristiche richieste per un caccia intercettore bimotore d’alta quota, capace di intercettare e abbattere i bombardieri nemici alle massime altitudini operative.
Il team di progettisti della Lockheed, guidato da Hall Hibbard e Clarence “Kelly” Johnson, concepì un innovativo velivolo dalla configurazione inconsueta, con una fusoliera centrale a gondola per pilota e armamento e due travi di coda per motori e impennaggi. L’ala, posizionata a centro fusoliera, doveva garantire buone prestazioni ad alta quota.
La proposta della Lockheed, designata Model 22, vinse la competizione nel giugno 1937 aggiudicandosi un contratto per la costruzione di un prototipo, denominato XP-38. I lavori iniziarono in gran segreto nell’autunno dello stesso anno presso una distilleria di bourbon appositamente acquisita, che sarebbe poi diventata il primo stabilimento “Skunk Works” dell’azienda.
I prototipi XP-38 e YP-38
Il prototipo XP-38 volò per la prima volta il 27 gennaio 1939 ai comandi del pilota collaudatore Ben Kelsey. Era equipaggiato con due motori Allison V-1710 a V da 12 cilindri dotati di turbocompressore, eliche tripala controrotanti, carrello triciclo anteriore e un armamento iniziale basato su due mitragliatrici da 12,7 mm, due da 7,62 mm e un cannone da 23 mm.
L’11 febbraio Kelsey trasferì l’XP-38 da March Field, in California, a Wright Field, in Ohio, per ulteriori valutazioni. Durante il volo stabilì un record di velocità media di 676 km/h, percorrendo gli oltre 4.000 km della tratta in poco più di 7 ore e contribuendo a impressionare favorevolmente i vertici dell’USAAC. Sfortunatamente, durante l’atterraggio a Mitchel Field, il prototipo si schiantò a causa di un guasto ai carburatori, ma nonostante la perdita l’USAAC si convinse a ordinare 13 esemplari di preproduzione YP-38.
Gli YP-38 differivano sensibilmente dall’XP-38, essendo più leggeri e dotati di diversi affinamenti come il senso di rotazione invertito delle eliche (con le pale che ruotavano verso l’esterno anziché verso l’interno), per migliorare la stabilità, e un cannone da 37 mm anziché da 23 mm. Le consegne degli YP-38, ritardate da problemi di produzione, iniziarono nel settembre 1940, e gli aerei furono destinati a test e valutazioni. Nel frattempo, in Europa la guerra era già scoppiata.
I problemi di compressibilità
Durante le prove in volo degli YP-38 emerse un serio problema: ogni volta che i piloti si tuffavano a velocità elevate, superando Mach 0,68, la coda del velivolo iniziava a tremare violentemente e il muso tendeva a picchiare verso il basso, accentuando la picchiata fino a innescare uno stallo. Il fenomeno, erroneamente scambiato per flutter, era in realtà dovuto alla compressibilità: superata una certa velocità, il flusso d’aria raggiungeva velocità localmente soniche, generando onde d’urto e turbolenze.
Dopo alcuni incidenti anche letali, tra cui quello occorso al pilota Ralph Virden durante una prova in picchiata nel novembre 1941, il problema fu intensamente studiato dai tecnici della Lockheed. Si scoprì che a innescare la compressibilità era il centro di pressione che si spostava verso la coda all’aumentare della velocità. La soluzione fu individuata nell’adozione di ipersostentatori a rapida estensione sul bordo d’attacco alare, che variavano il profilo dell’ala quel tanto che bastava per ritardare l’insorgere del fenomeno. Centinaia di P-38 già prodotti furono modificati sul campo con l’installazione dei dive flaps.
Altri problemi e affinamenti
Un altro serio problema riscontrato nelle prime versioni del P-38 era la tendenza a entrare in vite durante il decollo in caso di avaria a uno dei motori. Date le dimensioni e la posizione dei propulsori, la spinta asimmetrica generava una coppia tale da far ruotare il velivolo in pochi secondi. Solo in seguito i piloti impararono a gestire la situazione riducendo la manetta del motore funzionante e sfruttando i controlli con delicatezza.
Ulteriori problemi riguardarono le vibrazioni e il buffeting, dovuti a interferenze aerodinamiche tra ala e fusoliera. La soluzione venne trovata adottando carenature filanti nei punti di giunzione. Anche i radiatori dell’olio dei motori, inizialmente collocati nelle ali, furono spostati sotto la fusoliera per migliorare il raffreddamento.
Produzione di serie e commesse estere
Nonostante i ritardi e le difficoltà iniziali, già nel 1940 la produzione del P-38 iniziò a entrare a regime, anche grazie a importanti commesse da parte di Francia e Regno Unito. Prima della caduta della Francia, nel giugno 1940, i due paesi avevano ordinato complessivamente 667 esemplari delle versioni “da esportazione” Model 322F e 322B, sprovviste di turbocompressori e con eliche non controrotanti.
Quando Parigi capitolò, Londra rilevò l’intero lotto ma ben presto, anche alla luce dei rapporti poco incoraggianti dei suoi piloti collaudatori, decise di rivedere l’ordine. Dei 143 Model 322 infine accettati dalla RAF con la designazione di Lightning Mk I, solo tre furono effettivamente ritirati e testati in patria, prima di venire restituiti agli americani. Altri 524 esemplari furono invece aggiornati allo standard P-38E dell’USAAF e ribattezzati Lightning Mk II. Tuttavia, mutate esigenze belliche e attriti con la Lockheed per i pagamenti convinsero infine i britannici a rinunciare del tutto ai Lightning in favore di altri tipi.
Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, nel dicembre 1941, tutti i P-38 e derivati già completati o in produzione furono quindi requisiti dall’USAAF per equipaggiare i propri reparti da caccia e ricognizione, sia sul fronte europeo che su quello del Pacifico. Nel giugno 1942, inoltre, 300 Lightning appositamente modificati furono impiegati nell’ambito dell’operazione Bolero per essere trasferiti in volo nel Regno Unito, e furono i primi caccia americani a raggiungere la Gran Bretagna e i primi in assoluto a compiere la traversata atlantica.
Caratteristiche tecniche
Dal punto di vista tecnico, il P-38 fu senza dubbio uno dei caccia più avanzati e innovativi della sua epoca. La cellula interamente metallica in lega leggera con rivestimento lavorante, unita alla configurazione aerodinamica pulita garantita dalla posizione dei motori, consentiva di raggiungere velocità massime nell’ordine dei 650 km/h.
I due propulsori Allison V-1710 a 12 cilindri a V, dotati di turbocompressori e capaci di oltre 1.500 CV di potenza, permettevano eccellenti prestazioni ad alta quota, con una tangenza pratica di ben 12.000 metri. Le eliche tripala metalliche, girando in senso opposto, eliminavano il temuto effetto coppia. Questa configurazione garantiva tra l’altro una certa sicurezza in caso di avaria di un motore, e la possibilità di rientrare alla base anche con un solo propulsore funzionante.
Grazie al fatto di avere due motori con relativamente bassi consumi specifici e alla possibilità di imbarcare oltre 1.500 litri di carburante nei serbatoi interni, il P-38 godeva di un’autonomia straordinaria per un caccia dell’epoca. Con serbatoi supplementari sganciabili installati sotto le ali si potevano superare i 3.000 km di raggio d’azione, il che apriva le porte all’impiego del Lightning come caccia di scorta a lungo raggio o ricognitore strategico.
Altrettanto formidabile era il potenziale offensivo del P-38, il cui armamento era concentrato interamente nel muso. La dotazione canonica comprendeva un cannone automatico Hispano M2 da 20 mm sparante attraverso il mozzo dell’elica (in luogo del poco affidabile pari calibro da 37 mm dei primi esemplari) e quattro mitragliatrici pesanti Browning M2 da 12,7 mm, due per lato. Con una cadenza di tiro combinata di oltre 4.000 colpi al minuto e un’ottima precisione dovuta alla concentrazione delle armi, pochi altri caccia potevano competere con la potenza di fuoco del Lightning.
Nonostante le indubbie qualità, il P-38 pagò a caro prezzo una certa immaturità progettuale iniziale. I continui problemi emersi nelle prime versioni operative e i ritardi accumulati per risolverli fecero sì che l’aereo fosse ampiamente sottoutilizzato nella prima metà della guerra, specie in Europa. Casi di cedimenti strutturali, avarie ai motori, malfunzionamenti ai turbocompressi e guasti elettrici non erano rari e compromisero non poco la reputazione del Lightning presso i reparti.
Tuttavia, grazie all’incessante lavoro di affinamento condotto dalla Lockheed in collaborazione con i piloti, che nel frattempo avevano imparato a sfruttare i punti di forza del velivolo come la velocità e la quota operativa, il P-38 si ritagliò un proprio spazio nei cieli di guerra. A partire dal 1943, con le versioni J e L, il Lightning poté finalmente esprimere appieno il proprio potenziale, diventando uno dei principali caccia americani su ogni fronte.
In totale furono costruiti 10.037 esemplari di P-38, nelle versioni dalla lettera C alla L più numerose sottoversioni, senza contare prototipi e modelli speciali. Un successo produttivo che andò di pari passo con risultati operativi di assoluto rilievo, che videro i P-38 primeggiare come intercettori, caccia di scorta, ricognitori fotografici e cacciabombardieri. Non è esagerato affermare che il Lightning fu tra gli aerei che più contribuirono alla vittoria aerea alleata.
Impiego operativo
Entrato in servizio nei mesi immediatamente precedenti l’attacco di Pearl Harbor, il Lockheed P-38 Lightning si trovò ben presto coinvolto in prima linea in quasi tutti i principali teatri operativi della Seconda Guerra Mondiale. Dalle gelide distese dell’Alaska alle assolate isole del Pacifico, dalle sabbie del Nordafrica ai cieli dell’Europa, il caratteristico bimotore statunitense diede ovunque prova delle sue qualità, ritagliandosi un ruolo di primo piano nelle operazioni aeree alleate.
Ma procediamo con ordine e vediamo più in dettaglio come si sviluppò la carriera bellica del P-38, seguendone le tracce sui diversi scacchieri del conflitto.
Battesimo del fuoco
La prima unità a ricevere i nuovi P-38 fu il 1st Fighter Group, che dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor venne schierato insieme al 14th Fighter Group a San Diego, in California, per garantire la difesa della West Coast.
In realtà però i primi P-38 a vedere il fuoco furono gli F-4, una versione da ricognizione priva di armamento e dotata di quattro macchine fotografiche K-17 al posto delle mitragliatrici. Quattro di questi aerei si unirono all’8th Photographic Squadron in Australia nell’aprile 1942.
Il mese successivo, 25 P-38 iniziarono a operare dalle isole Aleutine, la lunga catena che si estende per quasi 2.000 km fra l’Alaska e la punta della Kamchatka. Qui l’eccezionale autonomia del Lightning, che poteva volare per oltre 6 ore di seguito, si rivelò preziosa per pattugliare gli sconfinati spazi dell’arcipelago, scongiurando il temuto sbarco giapponese.
Furono però le proibitive condizioni meteorologiche dell’artico a causare le maggiori perdite in questa fase: nebbia, tempeste di neve, formazioni di ghiaccio afflissero i reparti di P-38, disorientando i piloti fino a farli schiantare in mare durante il rientro. Un destino atroce che sarebbe toccato anche al famoso “Glacier Girl“, rimasto sepolto per 50 anni sotto i ghiacci della Groenlandia prima di essere recuperato.
Sul fronte del combattimento, il battesimo del fuoco per i P-38 delle Aleutine arrivò il 9 agosto 1942, quando una coppia di P-38E del 343rd Fighter Group intercettò e abbatté due idrovolanti da ricognizione Kawanishi H6K “Mavis” della Marina imperiale giapponese. Erano i primi aerei nipponici distrutti dai Lightning.
Europa e Mediterraneo
Il fronte europeo vide l’impiego dei P-38 sin dalla fine del 1942. Il 1st e il 14th Fighter Group, sulla scorta del programma Bolero per il potenziamento delle forze aeree negli UK, furono tra le prime unità di caccia dell’USAAF a raggiungere la Gran Bretagna.
Il 14 agosto, il secondo tenente Elza Shahan della 27th Fighter Squadron, volando in coppia con il parigrado Joseph Shaffer, intercettò e abbatté assieme al gregario un ricognitore a lungo raggio tedesco Focke-Wulf Fw 200 Condor sull’Oceano Atlantico. Shaffer, ai comandi di un P-39 o di un P-40, rivendicò il primo colpo ma fu Shahan a finire il quadrimotore con una raffica dei suoi P-38F. Era la prima vittoria dell’USAAF sul teatro europeo.
Poche settimane dopo questa azione, i due Fighter Group furono trasferiti in Nordafrica per supportare l’imminente Operazione Torch, lo sbarco anglo-americano in Marocco e Algeria. Basati inizialmente sull’aeroporto di Tafaraoui, in Algeria, i P-38 volarono le prime missioni di combattimento contro i francesi di Vichy l’11 novembre 1942.
Presto però si trovarono a fronteggiare avversari ben più temibili: i Messerschmitt Bf 109F della Luftwaffe e i Macchi C.202 della Regia Aeronautica. Nei primi scontri, i P-38 soffrirono perdite severe, sia per l’inesperienza dei piloti, sia per l’inadeguatezza delle tattiche impiegate, che ne limitavano l’impiego a una stretta copertura dei bombardieri.
Solo dopo un doloroso apprendistato, culminato nell’invio dei superstiti del 14th FG in patria per riequipaggiarsi, le cose iniziarono a migliorare. A partire dal febbraio 1943, ai Lightning fu concessa maggiore libertà d’azione, e i risultati non tardarono. Il 5 aprile, 26 P-38G dell’82nd Fighter Group rivendicarono l’abbattimento di 31 aerei nemici in un’unica missione, guadagnandosi il soprannome di “diavoli con la coda biforcuta” da parte dei tedeschi.
Da quel momento, pur continuando a subire perdite, i P-38 divennero una presenza costante nei cieli del Mediterraneo, ricoprendo un’ampia gamma di ruoli: scorta ai bombardieri, interdizione sulle linee di comunicazione nemiche, ricognizione fotografica, attacco al suolo. Particolarmente cruente furono le battaglie di Pantelleria e di Anzio, dove decine di Lightning furono abbattuti dalla contraerea o dai caccia tedeschi e italiani.
Curiosa la vicenda del P-38G che il 21 giugno 1943, di ritorno da una missione di ricognizione su La Spezia, fu costretto ad atterrare per un guasto in Sardegna. Catturato intatto dalle forze italiane, fu rimesso in condizioni di volo e assegnato con insegne italiane al Centro Sperimentale di Guidonia.
Qui il P-38 ex-statunitense, ai comandi del tenente colonnello Angelo Tondi, svolse alcune missioni contro le fortezze volanti americane, rivendicando l’abbattimento di almeno un B-17. La sua carriera operativa con la Regia Aeronautica fu però di breve durata, a causa dell’armistizio italiano del settembre 1943.
Alla fine della guerra, i P-38 avevano totalizzato oltre 130.000 sortite sul Mediterraneo, con una percentuale di perdite dell’1,3%, tutto sommato accettabile se si considera che operarono per lungo tempo senza una reale superiorità aerea. Tra i successi più significativi conseguiti dai Lightning su questo teatro, si possono citare:
- L’abbattimento, il 25 agosto 1943, di 16 bombardieri e trasporti tedeschi sorpresi nei pressi di Foggia dal 1st Fighter Group.
- Le centinaia di missioni di attacco al suolo in appoggio alle truppe alleate durante lo sfondamento della Linea Gotica e l’avanzata finale in Italia.
Sul fronte occidentale, il P-38 si distinse soprattutto come cacciabombardiere nelle fasi che seguirono lo sbarco in Normandia. In particolare, il 367th e il 474th Fighter Group, inquadrati nella 9th Air Force, effettuarono lungo tutta l’estate del 1944 devastanti attacchi contro le concentrazioni di truppe, depositi e vie di comunicazione tedesche, in appoggio alle armate americane in Francia. Celebri in questo contesto le incursioni su Brest e St. Nazaire.
D’altra parte, fu proprio sul fronte occidentale che emersero in modo più evidente i limiti del Lightning come caccia d’alta quota. Ben presto, infatti, ci si rese conto che il P-38, a causa del suo profilo alare e della scarsa efficienza dei compressori, non era in grado di competere alla pari con i Bf 109G e i Fw 190 sopra i 6.000 metri. Problema che divenne evidente nelle grandi battaglie aeree sulla Germania, dove i Lightning faticarono non poco a scortare le fortezze volanti americane fino agli obiettivi.
Non a caso, già nel settembre 1944 tutti i gruppi di P-38 della 8th Air Force, tranne uno, erano stati convertiti sui P-51 Mustang, più efficienti in quota. I Lightning rimasero in linea solo con i reparti da ricognizione e in qualche gruppo di supporto tattico dell’aviazione alleata.
Ma ormai la guerra in Europa volgeva al termine. E il grosso del contributo bellico del P-38, in fondo, lo aveva già dato su un altro scacchiere, ben più vasto e decisivo: il Pacifico.
Pacifico
Fu infatti contro i giapponesi che il P-38 costruì la sua fama di “ammazza-Zero”. Grazie all’autonomia che gli consentiva di scortare i bombardieri in profondità nel territorio nemico, alla robustezza che gli permetteva di incassare colpi altrimenti fatali, alla potenza di fuoco che gli garantiva un vantaggio decisivo nei duelli ravvicinati, il Lightning si impose come uno strumento ideale per la guerra aerea nel Pacifico.
Non a caso, il generale George Kenney, comandante della Fifth Air Force di base in Australia, definì il P-38 come “il miglior caccia di cui disponiamo”, e non si stancò mai di chiederne altri per fronteggiare l’avanzata nipponica in Nuova Guinea. Già il 27 dicembre 1942, otto P-38 del 39th Fighter Squadron stabilirono un netto predominio sui cieli di Buna, abbattendo sette caccia e bombardieri giapponesi senza perdite.
Da quel momento, la pressione dei Lightning sulla Nuova Guinea e sulle isole circostanti aumentò costantemente. Tra il 2 e il 4 marzo 1943, durante la battaglia del Mare di Bismarck, i P-38 fornirono una copertura aerea continua alle ondate di B-17 e B-25 dirette a colpire un convoglio giapponese di 8 navi da trasporto e 4 cacciatorpediniere di scorta, contribuendo in modo decisivo all’affondamento dell’intero gruppo.
Ma l’azione più celebre compiuta dai P-38 nel Pacifico fu senza dubbio l’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava l’ammiraglio Isoroku Yamamoto, l’ideatore dell’attacco di Pearl Harbor. Il 18 aprile 1943, sulla base di informazioni fornite da Ultra, l’intelligence alleata, 16 P-38G decollarono da Guadalcanal per un’ardita missione di 700 km nella giungla, volando a pelo d’acqua per non farsi individuare dai radar giapponesi.
Dopo 2 ore e mezza di volo, i Lightning sorpresero i due bombardieri G4M Betty con scorta di Zero che stavano per atterrare a Bougainville, abbattendoli entrambi. Yamamoto morì nello schianto e il Giappone perse il suoi stratega più brillanti e carismatico, in un colpo durissimo per il morale dell’Impero.
Nei mesi e negli anni successivi, mentre la guerra nel Pacifico volgeva inesorabilmente a favore degli Alleati, i P-38 continuarono a essere protagonisti di innumerevoli azioni, dalla difesa di Port Moresby alla riconquista delle Filippine, fino agli attacchi sulle isole metropolitane giapponesi. Spesso in condizioni proibitive per carenza di ricambi, pezzi di ricambio e supporto logistico.
Proverbiale a tal proposito l’autonomia raggiunta dai P-38L di base in Nuova Guinea nella seconda metà del 1944: usando miscele più povere per risparmiare carburante, i piloti arrivavano a volare per oltre 1.500 km, combattere per 15 minuti e tornare alla base. Un’autonomia che rendeva i Lightning insostituibili almeno fino all’arrivo dei P-47N e dei P-51D a lungo raggio.
In totale, contro i giapponesi i P-38 rivendicarono l’abbattimento di oltre 1.800 velivoli, con più di 100 piloti che divennero assi con almeno 5 vittorie confermate. Tre su tutti: Richard Bong con 40 successi, il miglior asso USAAF del conflitto, Thomas McGuire con 38 e Charles MacDonald con 27. Numeri che confermano il ruolo centrale del Lightning nella conquista della superiorità aerea alleata sul Pacifico.
Eredità
In virtù delle sue indubbie qualità di robustezza, innovazione tecnica, versatilità e prestazioni, il Lockheed P-38 Lightning si guadagnò un posto d’onore tra i migliori caccia della Seconda Guerra Mondiale. Pur pagando lo scotto di una certa immaturità iniziale, una volta messo a punto si affermò come uno dei grandi dominatori dei cieli su ogni teatro bellico, dalla fredda Alaska alle assolate distese del Pacifico.
Grazie alle sue eccezionali caratteristiche – dall’ineguagliata quota operativa alla velocità, dalla potenza di fuoco all’autonomia – il Lightning fu per anni l’incubo dei piloti dell’Asse e il fedele destriero di decine di assi americani. Su di esso volarono alcuni dei più celebri aviatori statunitensi del conflitto, da Richard Bong a Thomas McGuire, da Charles MacDonald ad Ace Mc Spadden.
È anche grazie alle gesta di questi piloti e dei loro compagni se ancora oggi, a distanza di 80 anni, il P-38 continua ad ammaliare gli appassionati di storia aeronautica di tutto il mondo. Perché nell’olimpo dell’aviazione militare, accanto a Mustang, Spitfire e Bf 109, un posto d’onore non può che spettare di diritto al possente, inconfondibile “diavolo con la coda biforcuta”. Colui che per primo portò il fulmine della vittoria nei cieli della guerra.
Principali varianti del Lockheed P-38 Lightning
- XP-28: designazione dell’USAAF per il prototipo del Lockheed Model 22, primo volo nel 1939
- YP-38: designazione degli esemplari del lotto di pre-produzione con armamento, 13 aerei costruiti
- P-38: prima versione in produzione di serie con mitragliatrici da 05in e un cannone da 37mm, 30 aerei costruiti
- XP-38A: 13 P-38 modificati con abitacolo pressurizzato
- Lightning I: nome usato per gli esemplari di un lotto ordinato dall’Armée de l’air e preso in carico dalla RAF. L’ordine iniziale prevedeva 667 aerei ma venne ridotto a 143. 3 aerei vennero consegnati alla RAF il resto all’USAAF. I motori erano Allison V-1710-33 serie C con i turbocompressori e eliche rotanti in senso orario
- Lightning II: designazione usata dalla RAF per un lotto di aerei con motori V-1710 serie F. Gli aerei costruiti vennero presero in carico dall’USAAF, il resto venne completato come P-38F-15LO, P-38G-13-LO e P-38G-15-LO
- P-322-I: 22 dei 143 Lightning I costruiti che vennero presi in carico dall’USAF e impiegati in addestramento e in prove varie. La maggior parte degli aerei era priva di armamento anche se alcuni avevano l’armamento del Lightning I: 2 mitragliatrici calibro .50 e due calibro .30
- P-322-II: 121 P-322-I rimotorizzati con gli Allison V-1710-27/29 e usati in addestramento, la maggior parte degli aerei era priva di addestramento
- P-38B: versione proposta derivata dalla P-38A, non entrata in produzione
- P-38C: versione proposta derivata dalla P-38A, non entrata in produzione
- P-38D: versione con l’incidenza dei piani di coda modificata e serbatoi del carburante autostagnanti, 36 aerei costruiti
- P-38E: variante con nuovo sistema idraulico, due cannoni da 20mmm al posto di quello da 37mm delle prime versione, 210 aerei costruiti
- P-38F: versione con agganci subalari per serbatoi di carburante sganciabili da bombe da 2000 libbre, 527 aerei costruiti
- P-38G: versione con modifiche all’impianto radio, 1082 aerei costruiti
- P-38H: versione con agganci subalari per un carico di 3200 libbre di bombe e flabelli del radiatore dell’olio automatici, 601 esemplari costruiti
- P-38J: variante prodotta in 2970 esemplari con differenze tra le sotto versioni, introduceva numerosi miglioramenti tra cui un aumento nella capacità dei serbatoi di carburante, parabrezza blindato piatto, alettoni servo-comandati che miglioravano l’agilità in combattimento e freni aerodinamici alari. La variante “drop snoot” aveva in muso modificato per ospitare un puntatore e migliorare la precisione nei bombardamenti tattici, questa specifica sottoversione era stata pensata per guidare le formazioni in attacco
- P-38K: versione con motori da 1425hp con nuove eliche, ne fu costruito un solo esemplare, e un altro venne ottenuto modificando un P-38E
- P-38L: versione con motori da 1600hp; ne furono costruiti 3923 compresi 113 esemplari dalla Vultee; successivamente vennero convertiti in pathfinders e F-5G
- TP-38L: due P-38L modificati, usati in addestramento con due posti in tandem
- P-38M: esemplare ottenuto dalla conversione di un P-38L ed equipaggiato con un radar per l’impiego nella caccia notturna
- F-4: versione da ricognizione fotografica del P-38E, 99 aerei costruiti
- F-4A: versione da ricognizione fotografica del P-38F, 20 aerei costruiti
- F-5A: versione da ricognizione del P-38G, 181 aerei costruiti
- F-5B: versione da ricognizione del P-38J, 200 aerei costruiti, 4 dei quali furono ceduti alla US Navy che li impiegò come FO-1
- F-5C: versione da ricognizione del P-38J, 123 aerei tutti ottenuti dalla conversione di esemplari esistenti
- XF-5D: un solo aereo ottenuto dalla conversione di un F-5A con l’osservatore alloggiato nel muso in posizione prona
- F-5E: versione da ricognizione del P-38J e P-38L, 705 aerei tutti ottenuti dalla conversione di aerei esistenti
- F-5F: versione da ricognizione del P-38L
- F-5G: versione da ricognizione del P-38L con una differente configurazione delle macchine fotografiche rispetto alla F-5F
- XFO-1: designazione della US Navy per 4 F-5B usati per valutazione
Informazioni aggiuntive
- Nazione: USA
- Modello: Lockheed P-38F Lightning
- Costruttore: Lockheed Aircraft Corp.
- Tipo:
- Motore:
2 Allison V-1710-49 a 12 cilindri a V, raffreddati ad aria, da 1.325 HP ciascuno
- Anno: 1942
- Apertura alare m.: 15.85
- Lunghezza m.: 11.53
- Altezza m.: 2.99
- Peso al decollo Kg.: 8.165
- Velocità massima Km/h: 636 a 7.620 m.
- Quota massima operativa m.: 11.890
- Autonomia Km: 724
- Armamento difensivo:
1 cannone da 20 mm., 4 mitragliatrici
- Equipaggio: 1
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Lockheed Martin
- Smithsonian
- Flying Bulls
- National Museum of the USAF
- Short Film dell’epoca della Lockheed
- Manuale di pilotaggio