Il Brewster F2A Buffalo fu il primo caccia monoplano dell’aviazione della marina americana ed in un primo tempo fu dichiarato vincitore del concorso bandito dall’US Navy; dopo poco tempo tuttavia venne sviluppata una versione migliorata del Wildcat precedentemente sconfitto, che dimostrò la sua superiorità sul caccia della Brewster.
Gli F2A vennero comunque prodotti per l’esportazione e servirono in Finlandia, nella guerra contro l’Unione Sovietica, e in Gran Bretagna. Gli inglesi però si resero subito conto che il Buffalo non era all’altezza dei caccia tedeschi e decisero di impiegarli nell’Estremo Oriente contro i giapponesi, ma anche gli zero giapponesi erano ampiamente superiori all’F2A e gli esemplari schierati vennero eliminati in pochi mesi.
Il Buffalo è un monoplano monomotore ad ala media, carrello retrattile e motore raffreddato ad aria.
Il Brewster F2A Buffalo fu uno dei primi caccia monoplano imbarcati a entrare in servizio con la US Navy alla fine degli anni ’30. Nonostante alcune caratteristiche avanzate per l’epoca, questo aereo si rivelò ben presto inadeguato ad affrontare i più moderni caccia avversari nella Seconda Guerra Mondiale. Vediamo in dettaglio la sua storia, dalla genesi alla deludente carriera operativa.
Progetto
Lo sviluppo del Buffalo iniziò nel 1935, quando la US Navy emise una specifica per un nuovo caccia imbarcato monoplano destinato a rimpiazzare i biplani Grumman F3F allora in servizio. Il progetto presentato dalla Brewster Aeronautical Corporation, designato XF2A-1, si trovò a competere con il biplano XF4F-1 della Grumman e il monoplano NF-1, una versione “navalizzata” del Seversky P-35.
Sia la proposta della Grumman che quella della Seversky furono presto scartate e il 2 dicembre 1937 il prototipo XF2A-1 volò per la prima volta. I primi test rivelarono che il nuovo Brewster era decisamente superiore al biplano Grumman. Sulla base di questi risultati, la US Navy ordinò 54 esemplari di serie, designati F2A-1.
Caratteristiche tecniche
Il Buffalo aveva un aspetto piuttosto moderno per la fine degli anni ’30, con una fusoliera tozza, ala monoplana a sbalzo e una costruzione interamente metallica. Le superfici di controllo erano ancora rivestite in tela, ma il resto della cellula era in duralluminio con rivetti a filo. Non mancavano raffinate soluzioni tecniche, come i flap a doppia fessura, il carrello retrattile a comando idraulico e una cabina di pilotaggio con tettuccio a goccia.
Purtroppo, come altri caccia dell’epoca, il Buffalo non aveva protezioni né per il pilota né per i serbatoi di carburante. La capacità di combustibile era di appena 606 litri, tutti concentrati nella fusoliera. Il propulsore era un radiale Wright R-1820-22 Cyclone a 9 cilindri da 708 kW (950 hp), che garantiva una discreta velocità di salita iniziale di 13,7 m/s e una velocità massima di 446 km/h.
Grazie a una serie di test nella galleria del vento del Langley Research Center, nel 1938 furono introdotti affinamenti aerodinamici alla cappottatura, alle prese d’aria del carburatore e dell’impianto di raffreddamento dell’olio. Queste migliorie, a parità di potenza, permisero di incrementare la velocità massima a 489 km/h a 4900 metri di quota.
Tuttavia, l’F2A soffriva dell’assenza di un compressore a più stadi, per cui le prestazioni ad alta quota calavano rapidamente. L’armamento si basava inizialmente su due mitragliatrici, una Browning M2 da 12,7 mm con 200 colpi e una Browning M1919 da 7,62 mm con 600 colpi, entrambe nel muso.
Produzione e sviluppo
La Brewster dovette affrontare notevoli problemi nella produzione dell’F2A. Dei 54 esemplari ordinati dalla US Navy, solo 11 furono effettivamente consegnati come F2A-1. I restanti furono dirottati all’aeronautica finlandese in una versione modificata nota come Model 239.
La successiva variante F2A-2, di cui la US Navy ordinò 43 unità, introduceva un motore R-1820-40 più potente, un’elica migliorata e un sistema di galleggiamento di emergenza. Tuttavia non furono ancora introdotte le tanto necessarie protezioni per pilota e serbatoi. Il peso a vuoto salì a 2695 kg, con un certo declino delle prestazioni rispetto all’F2A-1, nonostante la maggior potenza disponibile.
L’ultima versione ordinata dalla US Navy fu l’F2A-3, con 108 esemplari richiesti nel gennaio 1941. Concepito come caccia da ricognizione a lungo raggio, questo modello introduceva una nuova ala con serbatoi autostagnanti, oltre a una maggior capacità di carburante in fusoliera. Ciò si tradusse in un ulteriore appesantimento della cellula di oltre 230 kg.
L’aggiunta di corazzature per il pilota e l’incremento delle munizioni trasportate peggiorarono ulteriormente le già declinanti prestazioni, con grave peggioramento per velocità massima, velocità di salita e manovrabilità. Inoltre, il maggior peso causava frequenti cedimenti del carrello in fase di appontaggio.
Visti i tanti problemi emersi, la US Navy decise ben presto di sbarazzarsi del Buffalo. Alcuni F2A-3 furono trasferiti allo US Marine Corps, che li schierò a difesa di alcune isole del Pacifico come Palmyra e Midway. Gli esemplari ancora imbarcati sulle portaerei mancarono per un soffio l’occasione di entrare in combattimento quando una forza di soccorso diretta a Wake venne ritirata prima di concludere la missione.
Impiego operativo
Nonostante una genesi promettente, l’impiego operativo del caccia americano Brewster F2A Buffalo durante la Seconda Guerra Mondiale fu nel complesso deludente e segnato da risultati contrastanti. Se da un lato questo robusto monoplano contribuì a frenare l’avanzata giapponese in Birmania e nelle Indie Olandesi, dall’altro si rivelò drammaticamente inadeguato in Malesia e nel Pacifico, venendo surclassato dai più moderni caccia dell’Asse. Il suo unico vero successo si registrò nelle gelide foreste della Carelia, dove i Buffalo della Suomen Ilmavoimat si guadagnarono il rispetto degli avversari sovietici.
Ma procediamo con ordine e vediamo più in dettaglio la storia operativa di questo aereo, seguendo le sue tracce sui vari fronti del conflitto.
US Navy e nei Marines
I primi Buffalo a entrare in servizio operativo furono gli F2A-1, assegnati allo Squadron VF-3 imbarcato sulla portaerei USS Saratoga. L’unità ne ricevette 11 esemplari l’8 dicembre 1939. I restanti 43 F2A-1 ordinati dalla US Navy furono dichiarati eccedenti e venduti alla Finlandia.
Nonostante le buone premesse iniziali, i Buffalo della Marina e dei Marines non ebbero molte occasioni di mettersi in luce. Uno dei primi scontri si verificò il 10 marzo 1942, quando il Capitano James L. Neefus dello Squadron VMF-221 dei Marines abbatté un idrovolante da ricognizione giapponese Kawanishi H8K al largo dell’atollo di Midway.
Ma il vero battesimo del fuoco per gli F2A americani arrivò durante la decisiva battaglia delle Midway, nel giugno 1942. In quell’occasione lo VMF-221 schierava una forza mista di 20 F2A-3 e 7 Wildcat F4F-3, agli ordini del maggiore Floyd B. Parks. Il mattino del 4 giugno, 13 Buffalo decollarono per intercettare una formazione di 30-40 bombardieri in picchiata Aichi D3A Val, scortati da 36 caccia Mitsubishi A6M Zero.
Nello scontro che ne seguì, i piloti dei Marines riuscirono ad abbattere diversi bombardieri, prima che gli Zero di scorta reagissero con ferocia. Nel furioso combattimento, 13 Buffalo furono abbattuti, incluso quello del maggiore Parks che morì nell’azione. Dei 6 Wildcat impegnati, solo 2 erano ancora in condizioni di volare al termine dello scontro.
Durante la battaglia emersero diversi problemi ai Buffalo. Diversi piloti riportarono inceppamenti alle mitragliatrici di bordo, forse a causa dello sfasamento dei sincronizzatori con l’elica. Inoltre, molti aerei erano privi di blindatura posteriore per proteggere il pilota, rendendoli vulnerabili anche a un solo proiettile ben piazzato. Le perdite furono aggravate dall’odiosa pratica dei giapponesi di mitragliare i piloti che si lanciavano con il paracadute.
Il tenente Charles S. Hughes, il cui Buffalo fu costretto a rientrare per un guasto al motore appena iniziata la battaglia, commentò:
“I giapponesi arrivarono subito dopo mitragliando. Vidi due Brewster che cercavano di combattere contro gli Zero. Uno fu abbattuto, l’altro fu salvato dalla contraerea che coprì la sua coda. Entrambi sembravano legati a un filo mentre gli Zero gli giravano intorno.”
Il sottotenente Charles M. Kunz invece, dopo aver abbattuto due bombardieri, fu a sua volta attaccato dai caccia:
“Ero a circa 3000 metri e mi buttai in picchiata per scrollarmi di dosso l’aereo che mi inseguiva, arrivando a una ventina di metri dall’acqua. Facevo virate brusche sperando che il pilota non riuscisse a prendere la mira. Guardai indietro e vidi che era uno Zero. Continuai a volare a manetta, quando fui colpito di striscio alla testa. Dopo qualche altra raffica mi lasciò, mentre mi dirigevo indicativamente a sud-ovest allontanandomi dall’isola. Il mio aereo era gravemente danneggiato… Secondo me lo Zero è stato ampiamente sottovalutato. Penso che sia probabilmente uno dei migliori caccia in questa guerra. Quanto all’F2A-3, dovrebbe stare a Miami come aereo da addestramento, più che essere usato come caccia di prima linea.”
La disfatta di Midway segnò di fatto la fine dell’impiego di prima linea del Buffalo nell’US Navy e nei Marines. Gli F2A-3 superstiti furono ritirati e relegati a compiti di addestramento avanzato nelle retrovie.
Estremo Oriente
Vista la disperata necessità di aerei da caccia nei primi mesi di guerra, la Gran Bretagna ordinò ben 170 Buffalo nella variante B-339E, simile all’F2A-2 ma dotata di un motore Wright meno potente. I primi esemplari arrivarono a Singapore nella primavera del 1941 ed equipaggiarono gli Squadron 67 e 243 della RAF.
Ben presto i piloti britannici si resero conto che i Buffalo erano nettamente inferiori ai giapponesi Ki-43 Oscar e A6M Zero, oltre che alle varianti precedenti dello stesso Buffalo utilizzate da altri paese del Commonwealth. Ciò era dovuto all’appesantimento e alla motorizzazione depotenziata richiesti dalle specifiche della RAF.
Per cercare di migliorare le prestazioni, in alcuni reparti si ricorse a misure disperate, come alleggerire gli aerei di tutte le attrezzature non indispensabili, incluse blindature, radio e perfino parte dell’armamento. Ma nonostante gli sforzi, il Buffalo Mk I non fu mai in grado di competere alla pari con i giapponesi.
Particolarmente travagliata e sfortunata fu la breve carriera del Buffalo in Malesia e Singapore. A partire dal dicembre 1941, i quattro squadron della RAF e della RNZAF impiegarono i loro B-339E nel disperato tentativo di arginare l’avanzata nipponica. In pochi mesi di feroci combattimenti, le perdite furono elevatissime: gli Squadron 21, 243, 453 e 488 persero complessivamente oltre 100 Buffalo, abbattuti in volo o distrutti al suolo, senza poter impedire la caduta delle due colonie.
La RAF perse in totale circa 150 Buffalo, abbattendo meno di un terzo degli aerei giapponesi. Tra i pochi che si distinsero vi furono l’asso neozelandese Geoff Fisken, con 6 vittorie, il sudafricano Doug Vanderfield con 5 abbattimenti e l’australiano Maurice Holder, sempre con 5 successi.
Un po’ meglio andò in Birmania, dove gli Squadron 67 e 146 della RAF impiegarono i Buffalo contro i bombardieri e i trasporti giapponesi fino al marzo 1942, rivendicando 27 abbattimenti al prezzo di 8 aerei e altrettanti piloti caduti.
Alcune fonti riportano che durante i combattimenti sul fronte birmano, i piloti dei Buffalo soffrissero la mancanza di proiettili incendiari e fossero costretti a impiegare solo munizioni perforanti, meno efficaci contro i vulnerabili velivoli giapponesi privi di corazzature e serbatoi autostagnanti.
Dopo il ritiro dalla Birmania, i pochi Buffalo superstiti furono relegati a compiti di seconda linea nelle retrovie. Nel frattempo, anche la RAAF aveva ricevuto alcuni Buffalo ex olandesi catturati dai giapponesi. Questi aerei furono impiegati brevemente per la difesa di basi minori nel nord dell’Australia fino al 1944, prima di essere definitivamente radiati.
Indie Orientali
Tra la fine degli anni ’30 e l’inizio del 1942, la Militaire Luchtvaart van het Koninklijk Nederlands-Indisch Leger (ML-KNIL), l’aviazione delle forze coloniali dei Paesi Bassi, ordinò ben 144 Buffalo in diverse versioni. Purtroppo, a causa dei ritardi nelle consegne, solo 72 di questi aerei riuscirono ad arrivare in tempo per prendere parte alla difesa delle Indie Orientali Olandesi contro l’invasione giapponese.
I Buffalo della ML-KNIL erano più leggeri e prestanti delle versioni Mk I fornite ai britannici. Questo, unito all’adozione di tattiche di combattimento più adeguate, permise loro di fronteggiare con un certo successo i Ki-43 Oscar della IJAAF, sebbene rimanessero comunque inferiori in prestazioni assolute.
In alcuni reparti, i piloti olandesi arrivarono al punto di decollare con i serbatoi semivuoti e solo metà delle munizioni, pur di dare al Buffalo una chance in più contro i più agili ma vulnerabili caccia nipponici. In casi estremi, il carico bellico fu ridotto addirittura a un quarto.
Il 19 febbraio 1942, nel cielo di Semplak, otto Buffalo olandesi si scontrarono con una formazione di circa 35 bombardieri scortati da 20 Zero. Nello scontro, i piloti della ML-KNIL abbatterono 11 velivoli giapponesi al prezzo di 4 dei loro e della morte di due piloti. Un rapporto vittorie/perdite tutto sommato ragguardevole, se comparato a quello degli alleati negli altri teatri.
Ma nonostante l’impegno e il valore di piloti e tecnici, alla lunga la schiacciante superiorità numerica nipponica ebbe la meglio. I Buffalo olandesi furono lentamente eliminati nei cieli di Giava, Sumatra, Celebes e Borneo. Già il 7 marzo restavano solo 4 aerei in condizioni di volare. Con essi si compì l’ultima missione di combattimento dei Buffalo della ML-KNIL.
Quel giorno il Capitano Jacob van Helsdingen guidò una pattuglia di 3 aerei contro alcune formazioni giapponesi, rivendicando un bombardiere abbattuto prima di essere a sua volta colpito e ucciso. Con lui scomparve il miglior asso olandese sul Buffalo, con 3 vittorie confermate come il collega August Deibel.
In totale, durante la breve ma intensa campagna delle Indie Orientali, i piloti della ML-KNIL ottennero 55 abbattimenti confermati, perdendo 17 piloti e 30 velivoli in combattimento, più 15 distrutti al suolo. Un risultato tutto sommato onorevole, se comparato con quelli di britannici e statunitensi, ma non sufficiente a evitare la resa delle colonie.
Finlandia
A fronte degli scarsi risultati ottenuti con gli altri utilizzatori, c’è un paese e una forza aerea che più di ogni altra riuscì a sfruttare al meglio il potenziale del Brewster Buffalo. Stiamo parlando della Finlandia e della sua Suomen Ilmavoimat.
Tra l’ottobre 1939 e il febbraio 1940, l’aeronautica finlandese ricevette 44 esemplari della variante F2A-1 originariamente destinata alla US Navy. Questi aerei, lievemente modificati e ridesignati B-239, rappresentarono un notevole salto di qualità per i finlandesi, fino ad allora equipaggiati solo con obsoleti biplani.
Durante la Guerra d’Inverno contro l’Unione Sovietica del 1939-1940, i B-239 non entrarono in azione, anche se 5 dei 6 Buffalo consegnati durante il conflitto furono resi operativi prima della fine delle ostilità. È con la successiva Guerra di Continuazione, iniziata nel giugno 1941, che il Buffalo si guadagnò la fama di “Pearl of the North”.
Già il 25 giugno 1941, all’inizio dell’offensiva, una coppia di B-239 del 2/LLv24 intercettò una formazione di 27 bombardieri Tupolev SB della VVS nei pressi di Heinjoki. In pochi minuti, i piloti finlandesi rivendicarono l’abbattimento di 5 bombardieri, senza perdite.
Nei mesi successivi, i reparti equipaggiati con i Buffalo furono impegnati in duri e continui combattimenti contro bombardieri e caccia sovietici. Grazie alla loro robustezza e alle tattiche appropriate, i B-239 si dimostrarono perfettamente in grado di competere con i più leggeri ma meno protetti Polikarpov I-16 e persino con i moderni Yakovlev Yak-1 e LaGG-3.
Il 30 luglio il tenente Hans Wind guidò una formazione di 6 Buffalo del LeLv 24 contro circa 60 tra bombardieri e caccia sovietici vicino a Kronstad. Nello scontro, i finlandesi abbatterono due bombardieri Pe-2, un caccia Hurricane ex-britannico e ben 12 I-16, contro un solo B-239 danneggiato.
Durante la Guerra di Continuazione, i Buffalo dello Squadron LeLv 24 ottennero la bellezza di 459 vittorie confermate, a fronte di sole 15 perdite in combattimento: un rapporto di 26:1! Ancora più impressionanti i risultati ottenuti con il B-239 numero BW-364. Secondo alcuni, questo aereo da solo sarebbe stato utilizzato per ottenere 42 abbattimenti confermati, forse un record assoluto per un singolo velivolo da caccia.
Ma c’è di più. Con 36 assi, alcuni dei quali pluridecorati, la Suomen Ilmavoimat detiene anche il primato del maggior numero di piloti divenuti assi sui Brewster. Tra questi vanno citati Hans Wind, che ottenne 39 delle sue 75 vittorie totali, Ilmari Juutilainen con 34 su un totale di 94, Jorma Karhunen con 25,5 su 31,5 e Lauri Nissinen con 22,5 su 32,5 abbattimenti.
Complessivamente, durante i tre anni e mezzo di impiego in prima linea, il piccolo contingente di Buffalo finlandesi inflisse all’aeronautica sovietica perdite ingentissime: ben 477 aerei abbattuti, tra caccia, bombardieri e assaltatori. Un risultato straordinario, che contribuì in modo decisivo alla difesa dello spazio aereo finlandese fino al 1944.
L’ultimo abbattimento di un aereo sovietico da parte di un Buffalo finlandese avvenne il 17 giugno 1944 sull’istmo careliano. Poco dopo, con l’arrivo dei più moderni Messerschmitt Bf 109G forniti dalla Germania, i B-239 furono finalmente relegati a compiti di seconda linea. Solo 8 di essi sopravvissero alla fine del conflitto.
Nel settembre 1944, la Finlandia si trovò costretta a firmare l’armistizio con l’URSS e a schierarsi contro il suo ex-alleato tedesco. Durante la breve campagna in Lapponia che ne seguì, i Buffalo della HLeLv 26 ottennero le loro due ultime vittorie il 3 ottobre, quando intercettarono e abbatterono un paio di Junkers Ju 87 Stuka della Luftwaffe. Furono gli ultimi successi in assoluto per i piloti di Buffalo nella Seconda Guerra Mondiale.
Nel dopoguerra, i pochi B-239 superstiti rimasero in servizio con la Suomen Ilmavoimat fino al 1948, quando furono definitivamente radiati e avviati alla demolizione.
Eredità
Tirando le somme, non è facile dare un giudizio univoco sul Brewster F2A Buffalo nella Seconda Guerra Mondiale. Se da un lato le sue prestazioni e la sua efficacia in combattimento risultarono nella maggior parte dei casi deludenti e largamente inferiori a quelle dei suoi avversari, dall’altro bisogna riconoscere che spesso gli venne chiesto di operare in condizioni proibitive, contro nemici stra-superiori e senza disporre né dell’addestramento né delle tattiche né del supporto logistico adeguati.
Non va dimenticato infatti che il Buffalo nacque come aereo da caccia imbarcato di seconda linea, non certo per competere contro i migliori caccia terrestri dell’epoca in scontri prolungati. Eppure, per una serie di circostanze e con una buona dose di improvvisazione, si trovò a dover fronteggiare sfide per le quali non era stato progettato né tanto meno ottimizzato.
Quello che stupisce semmai è come, nonostante queste premesse così sfavorevoli, in almeno un’occasione il Buffalo sia riuscito non solo a tenere testa ma addirittura a prevalere sui suoi avversari. Il suo exploit con la Suomen Ilmavoimat contro i sovietici resta uno dei casi più singolari ed eclatanti di successo di un aereo considerato “inferiore” nella storia dell’aviazione militare.
Principali varianti del Brewster F2A Buffalo
- XF2A-1: prototipo
- F2A-1: 11 esemplari costruiti per la marina americana, motore Wright R-1820-34 Cyclone e due cannoni
- F2A-2: 43 esemplari costruiti per la marina americana e il corpo dei marines, motore Wright Cyclone R-1820-40 Cyclone e 4 cannoni
- F2A-3: versione migliorata della F2A-2 costruita per la marina americana, autonomia aumentata e possibilità di trasportare due bombe da 45 Kg ciascuna sotto le ali; ne furono costruiti 108 in totale
- XF2A-4: un esemplare, ottenuto dalla conversione di un F2A-3
- B-239: versione per l’esportazione derivata dalla F2A-1 con motore Wright R-1820-G5 Cyclone, 44 esemplari venduti alla Finlandia
- B-339B: versione costruita per l’esportazione in Belgio, ne furono costruiti 40 esemplari di cui 2 effettivamente consegnati al committente e i rimanente acquistati dalla Fleet Air Arm
- B-339C: versione da esportazione per le Indie Orientali olandesi con motore Wright R-1820-G105 Cyclone; 24 esemplari costruiti
- B-339D: versione da esportazione per le Indie Orientali olandesi con motore Wright R-1820-40 Cyclone da 1.200 cavalli; 48 esemplari costruiti di cui 47 effettivamente consegnati al committente
- B-339E: versione da esportazione derivata dalla F2A-2 per la Royal Air Force con motore Wright GR-1820-G-105 Cyclone e denominati Buffalo Mk I in Gran Bretagna. Ne furono costruiti 170 che furono impiegati anche dalla RAAF e dalla RNZAF
- B-339-23: versione denominata anche B-439, versione da esportazione derivata dalla F2A-3 per le Indie Orientali Olandesi, motore Wright GR-1820-G205A; ne furono costruiti 20 di cui 17 furono impiegati dalla RAAF e gli altri dall’USAAF
- Buffalo Mk I: denominazione britannica del B-339E
Informazioni aggiuntive
- Nazione: USA
- Modello: Brewster F2A-3 Buffalo
- Costruttore: Brewster Aeronautical Corp.
- Tipo:
- Motore:
Wright R-1820-40 Cyclone, radiale a 9 cilindri raffreddato ad aria, da 1.200 HP
- Anno: 1941
- Apertura alare m.: 10.67
- Lunghezza m.: 8.02
- Altezza m.: 3.66
- Peso al decollo Kg.: 3.247
- Velocità massima Km/h: 517 a 5.000 m.
- Quota massima operativa m.: 10.000
- Autonomia Km: 1.553
- Armamento difensivo:
4 mitragliatrici
- Equipaggio: 1
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Microworks
- Historynet
- wwii aircraft forum