Alla fine della guerra i tecnici tedeschi svilupparono una serie di progetti dalle caratteristiche eccezionali; nella maggior parte dei casi questi non arrivarono a completamento prima della fine della guerra, inoltre molti erano destinati ad un probabile fallimento e venivano portati avanti per la disperazione causata dall’imminente sconfitta.
Uno di questi progetti era un bireattore tuttala, l’Horten 229, impropriamente noto come Gotha 229.
Un esemplare di questo notevole aereo era stato completato e venne catturato dagli americani che rimasero sbalorditi dalle sue caratteristiche.
Anche oggi l’aereo è piuttosto affascinante, nelle sue forme ricorda gli aerei americani stealth, anche se il paragone è improprio.
Questo aereo era privo di superfici di piani di coda ed il controllo avveniva tramite superfici nelle ali. Le prestazioni dell’aereo sarebbero state probabilmente eccezionali, surclassando sicuramente tutti gli aerei ad elica alleati, ma anche buona parte dei primi reattori comparsi. La velocità e la costruzione in legno lo avrebbero reso ben difficilmente individuabile e intercettabile.
L’armamento era particolarmente pesante: 4 cannoni da 30 mm.
Il Gotha Go 229 è un bombardiere bireattore tuttala, completamente privo di piani di coda e timone, carrello di tipo triciclo anteriore. La propulsione è affidata a due turboreattori Junkers Jumo 004 da 900 Kg di spinta.
L’Horten Ho 229, noto anche come Gotha Go 229 nella versione ridisegnata per la produzione in serie dalla Gothaer Waggonfabrik, fu un innovativo aereo da combattimento tedesco progettato dai fratelli Reimar e Walter Horten negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Si trattava di uno dei primi velivoli al mondo ad adottare la configurazione ad ala volante abbinata alla propulsione a getto.
Genesi del progetto
Lo sviluppo dell’Ho 229 iniziò in risposta ad una specifica emessa nel 1943 dal Reichsmarschall Hermann Göring, capo della Luftwaffe, per un bombardiere veloce in grado di trasportare 1000 kg di bombe per 1000 km alla velocità di 1000 km/h. Questo ambizioso requisito, noto come “progetto 3×1000”, poteva essere soddisfatto solo ricorrendo alla propulsione a getto, che però soffriva di elevati consumi. Per raggiungere l’autonomia richiesta sarebbe stato necessario ridurre al minimo la resistenza aerodinamica.
I fratelli Horten, grazie all’esperienza maturata su alianti ad alte prestazioni come l’Ho IV, conclusero che la configurazione ad ala volante, priva di fusoliera, impennaggi e altre superfici che generano resistenza, fosse l’unica in grado di avvicinare l’obiettivo. Il loro progetto privato, designato Ho IX, fu uno dei pochi ritenuti promettenti e ottenne rapidamente l’approvazione di Göring, che ordinò la realizzazione di tre prototipi.
Una cellula innovativa ma problematica
Per ridurre al minimo la resistenza, l’Ho 229 rinunciava non solo a fusoliera e impennaggi ma anche a qualunque superficie di controllo sporgente. Il controllo del rollio e del beccheggio era affidato a dei semplici elevoni sul bordo d’uscita alare. Più complesso il controllo dell’imbardata: in assenza di una deriva verticale, eventuali azioni sul timone avrebbero indotto uno scivolamento laterale incontrollato, potenzialmente catastrofico. La soluzione adottata fu quella di installare degli aerofreni asimmetrici su entrambe le semiali che, aprendosi solo da un lato, avrebbero generato resistenza asimmetrica per ristabilire la rotta. Tuttavia questo sistema richiedeva una gestione attiva da parte del pilota e imponeva limiti all’angolo di rollio.
A queste criticità si aggiungevano quelle strutturali. La cellula dell’Ho 229 adottava una costruzione mista. La sezione centrale era realizzata in tubi d’acciaio saldati, con elementi fino a 160 mm di diametro, mentre le due semiali avevano longheroni e centine in legno di pino. Il rivestimento era in sottili fogli di compensato incollati con una miscela a base di segatura e verniciati con vernice ignifuga. L’ala aveva un solo longherone principale, attraversato davanti dalle prese d’aria dei motori, e un longherone secondario per il fissaggio degli elevoni. Era dimensionata per un fattore di carico limite di 7g e un coefficiente di sicurezza di 1,8, per un fattore di carico ultimo di 12,6 g. Lo spessore relativo dell’ala variava dal 15% alla radice all’8% all’estremità. Lo spazio interno era molto limitato e non consentiva l’installazione di serbatoi di carburante, sistemi o membri dell’equipaggio addizionali.
Primi voli e incidenti fatali
Il primo prototipo Ho 229 V1, un aliante con carrello triciclo fisso, volò per la prima volta il 1° marzo 1944 senza inconvenienti. Seguì nel dicembre 1944 il secondo prototipo Ho 229 V2 motorizzato con due turbogetti Junkers Jumo 004, dopo il trasferimento della produzione alla Gothaer Waggonfabrik. Questa apportò diverse modifiche al progetto, tra cui un rudimentale seggiolino eiettabile, un carrello rinforzato, prese d’aria modificate e un sistema di raffreddamento ad aria della parte esterna dei motori per prevenire danni al legno circostante.
Il 2 febbraio 1945 l’Ho 229 V2 effettuò il suo primo volo sotto la guida del collaudatore Erwin Ziller. Il decollo avvenne da Oranienburg, vicino Berlino. I fratelli Horten non poterono assistere perché impegnati nella progettazione di un nuovo bombardiere strategico a getto per il programma Amerika Bomber. Dopo altri due voli di prova, il 18 febbraio durante il terzo volo di collaudo si verificò un grave incidente. Dopo circa 45 minuti, a 800 metri di quota, il motore sinistro prese fuoco e si spense. Ziller effettuò una serie di virate a 20° di rollio nel tentativo di riavviarlo. Non usò la radio né si eiettò, forse già svenuto per i fumi dell’incendio. L’aereo precipitò al suolo poco fuori dal campo e Ziller morì per le ferite riportate.
Nonostante la tragedia, il programma proseguì. Il 12 marzo 1945 l’Ho 229 venne incluso nel Jäger-Notprogramm per la produzione accelerata di caccia economici. Lo stabilimento di produzione fu trasferito a Friedrichroda in Turingia, al riparo dall’avanzata alleata. Qui iniziò l’assemblaggio del terzo prototipo Ho 229 V3, più grande e modificato in vari dettagli, che doveva fungere da base per i 20 esemplari di preserie Ho 229 A-0. Iniziarono anche i lavori sugli Ho 229 V4 biposto, V5 caccia notturno, V6 per test armamento e V7 addestratore biposto.
La fine del programma e il dopoguerra
Nella primavera del 1945 le sorti della guerra volsero rapidamente a sfavore della Germania. In aprile le truppe americane della Terza Armata di Patton conquistarono l’impianto di Friedrichroda, catturando gli Ho 229 V3, V4 e V6 in vari stadi di completamento, oltre a un aliante Horten. Solo l’Ho 229 V3 era prossimo al completamento e fu selezionato per essere portato negli Stati Uniti per valutazioni. Gli altri vennero presumibilmente distrutti.
Secondo alcuni resoconti, i fratelli Horten proposero di trasferire la produzione dell’Ho 229 in Giappone per contrastare i B-29 statunitensi, ma la Germania si arrese prima che il piano potesse concretizzarsi. Nel dopoguerra Reimar Horten continuò a progettare velivoli ad ala volante in Argentina, mentre Walter collaborò allo sviluppo dei caccia a getto in Francia e Germania.
L’Ho 229 V3 fu portato negli stabilimenti Northrop in California, dove rimase a lungo immagazzinato e fu studiato solo superficialmente: benché si pensò di ricostruirlo in condizioni di volo, la cosa si rivelò impossibile per l’incompatibilità tra le prese d’aria e i turbogetti britannici disponibili. Oggi è conservato al National Air and Space Museum di Washington DC, unico superstite di questo ambizioso e sfortunato progetto.
Il mito delle capacità stealth
In tempi recenti, l’Ho 229 è stato al centro di un acceso dibattito sulla sua presunta natura di primo aereo “stealth” della storia. L’ipotesi si basa su un’affermazione fatta nel 1983 da Reimar Horten, secondo cui aveva intenzione di aggiungere polvere di carbone alla colla usata per il compensato, in modo da assorbire le onde radar della rete britannica Chain Home. Tuttavia non sono mai state trovate prove documentali di questa intenzione e analisi condotte dallo Smithsonian Institution hanno escluso la presenza di nerofumo o carbonio nel rivestimento del V3.
Il dibattito si è riacceso nel 2008, quando la Northrop Grumman in collaborazione con National Geographic ha costruito una replica in scala 1:1 dell’Ho 229 (realizzata principalmente in legno, a differenza dell’originale che aveva un’estesa struttura in tubi d’acciaio) per valutarne la traccia radar. Test condotti nell’apposito poligono misurando la riflettività a frequenze tra 20 e 50 MHz avrebbero evidenziato una visibilità radar pari all’80% di quella di un Messerschmitt Bf 109.
Va però notato che il modello era privo sia della struttura interna metallica sia dei motori, le cui prese d’aria e turbine sono altamente riflettenti. Non vi erano neppure equipaggiamenti o armamenti interni. Soprattutto, le frequenze usate nel test erano completamente diverse e molto più basse di quelle dei radar della Seconda Guerra Mondiale, che operavano a lunghezze d’onda centimetriche. Queste discrepanze rendono i risultati delle prove moderni difficilmente correlabili con le reali capacità del velivolo originale.
Pur non essendo uno “stealth” nel senso moderno del termine, è plausibile che l’Ho 229 presentasse una traccia radar ridotta rispetto ai caccia convenzionali dell’epoca, grazie all’assenza di superfici riflettenti come la fusoliera e i piani di coda. Tuttavia è altamente improbabile che questa riduzione fosse sufficiente a renderlo “invisibile” ai radar dell’epoca, meno sofisticati ma comunque efficaci. Né vi sono prove che tale caratteristica sia mai stata un obiettivo consapevole del progetto, nato esclusivamente per massimizzare velocità e autonomia.
L’alone di mistero che circonda l’Ho 229 ha dato adito a molte speculazioni, ma la realtà storica è che si trattò di un progetto ambizioso e innovativo ma nato troppo tardi, afflitto da incertezze e incidenti, e infine travolto dal collasso del Terzo Reich. Resta il fascino di un’arma avveniristica che, pur non avendo avuto un impatto concreto sulle sorti del conflitto, ha precorso molti sviluppi aeronautici successivi.
Principali varianti dello Horten Ho 229
- H.IX V1: primo prototipo, aliante senza motore
- H.IX V2: primo prototipo dotato di motori, propulso da due turboreattori Junkers Jumo 004B
- Ho 229 V3: versione con prese d’aria modificate, motori spostati in avanti per risolvere un problema di bilanciamento longitudinale. L’aereo era quasi completato con i due motori Jumo 004B già installati quando venne catturato dagli Alleati
- Ho 229 V4: versione da caccia ognitempo biposto rimasta allo stadio di prototipo, in costruzione presso lo stabilimento di Friedrichroda ma alla fine della guerra era stata completata poco più della sezione centrale
- Ho 229 V5: versione da caccia ognitempo biposto rimasta allo stadio di prototipo, in costruzione presso lo stabilimento di Friedrichroda ma alla fine della guerra era stata completata poco più della sezione centrale
- Ho 229 V6: versione definitiva in configurazione da caccia monoposto, non completata
- H.IXb: versione biposto, proposta per addestramento o caccia notturna, non costruita
- Ho 229 A-0: versione che prevedeva delle semplificazioni per semplificare la produzione dello Ho 229 V6, non costruita
Informazioni aggiuntive
- Nazione: Germania
- Modello: Horten Ho 229
- Costruttore: Gothaer Waggonfabrik
- Tipo: Caccia Bombardiere
- Motore:
2 Junkers Jumo 004 B da 900 Kg di spinta ciascuno
- Anno: 1945
- Apertura alare m.: 16.78
- Lunghezza m.: 7.47
- Altezza m.: 2.81
- Peso al decollo Kg.: 8.500
- Velocità massima Km/h: 1.000 a 6.100m.
- Quota massima operativa m.: 15.000
- Autonomia Km: 1.930
- Armamento difensivo:
4 cannoni da 30 mm.
- Equipaggio: 1
- Bibliografia – Riferimenti:
- Enzo Angelucci – Paolo Matricardi: Guida agli aeroplani di tutto il mondo: la Seconda Guerra Mondiale (Mondadori) ISBN: 978-8804313823.
- Smithsonian
- War History Online