Recensione del film Lettere da Iwo Jima (2006)

Lettere da Iwo Jima

di redazione
Pubblicato: Ultimo aggiornamento: 207 letture totali

La storia racconta di una delle più sanguinose battaglie della Seconda Guerra Mondiale. Siamo a Iwo Jima, un’isoletta che ai nostri giorni è disabitata ma che fa parte del territorio giapponese. La sua importanza strategica all’epoca era molto rilevante, dato che poteva essere usata come base per un successivo attacco diretto al Giappone, per questo gli americani volevano conquistarla e i giapponesi erano decisi a difenderla ad ogni costo.

Il film si apre mostrando un gruppo di archeologi giapponesi che, nel 2005, stanno effettuando delle ricerche in una grotta nell’isola di Iwo Jima; scavando, trovano qualcosa che sembra essere interessante all’interno di una sacca.

Si torna improvvisamente al 1944 quando il generale Kuribayashi viene incaricato  di comandare le difese dell’isola di Iwo Jima dove un piccolo contingente di militari dell’esercito e della marina giapponese stanno costruendo delle difese per contrastare il previsto sbarco americano. Qui facciamo conoscenza col protagonista del film, il soldato Saigo o meglio, il fornaio Saigo come lui stesso più tardi si definirà, un militare coscritto e inviato al fronte controvoglia. Saigo e il suo amico Kashiwara stanno scavando delle trincee sulla spiaggia lamentandosi ad altra voce della situazione con esternazioni molto poco ottimiste sull’esito della guerra, il generale Kuribayashi li salva da una dura punizione corporale dato che questi erano stati sentiti da un superiore.

Kuribayashi assume il controllo dell’isola, comincia a sovrintendere la costruzione delle difese e ad organizzare le truppe. E’ un uomo intelligente e istruito, ha vissuto negli Stati Uniti e prova un profondo rispetto per il nemico oltre che per i suoi soldati. E’ un buon tattico e capisce subito che la potenza americana è tale che è inutile provare a contrastarne lo sbarco, fa quindi abbandonare i lavori di costruzione delle trincee sulle spiagge per organizzare una difesa più in profondità sfruttando le grotte esistenti e facendo costruire dei tunnel per permettere alle truppe di mettersi al riparo dai futuri bombardamenti ed essere in grado di colpire gli americani quando questi cercheranno di penetrare nell’entroterra.

Con poche parole fa scomparire le inutili rivalità tra esercito e marina e affida il comando delle scarsa e malandata artiglieria al carismatico colonnello Nishi che fa interrare dei carri armati non funzionanti per usarli come postazioni difensive fisse. Proprio Nishi informa Kuribayashi che è inutile attendere rinforzi dal Giappone dato che la flotta giapponese ha subito una pesantissima sconfitta alle isole Marianne, sconfitta di cui perfino gli ufficiali giapponesi di alto rango vengono tenuti all’oscuro. Kuribayashi non è un fanatico, accetta la notizia ed è probabilmente consapevole del fatto che il Giappone non ha più alcuna speranza di vincere la guerra ma è un patriota con un profondo senso del dovere, gli è stato ordinato di difendere l’isola ed è deciso a farlo al meglio delle sue possibilità. Nel film non viene esplicitamente detto ma in quel periodo le città giapponesi erano continuamente attaccate dai bombardamenti americani,  la conquista di Iwo Jima avrebbe fornito ai bombardieri americani una base molto più vicina all’obiettivo peggiorando ulteriormente la situazione. Per il generale ogni giorno di resistenza dell’isola significa un giorno in meno di tormenti per i civili giapponesi.

Nel frattempo il soldato Saigo è ancora più depresso per la perdita dell’amico Kashiwara, ucciso dalla dissenteria. Saigo è l’esatto contrario del soldato stereotipo giapponese anzi, come abbiamo detto, è un fornaio. E’ stato costretto a lasciar il suo lavoro e sua moglie incinta in patria, non è affatto contento di combattere per il Giappone anzi a lui della guerra non gliene frega proprio niente, tutto il contrario di quello che in centinaia di film ci viene presentato come il fanatico soldato giapponese “kamikaze”. Ogni giorno scrive a sua moglie sia per amore sia per preoccupazione in quanto non sa niente della situazione in patria a causa delle scarse comunicazioni che avvenivano unicamente con qualche sporadica lettera. Saigo conosce Shimizu, un soldato inviato con i pochi rinforzi arrivati dal Giappone. Tra i soldati si diffonde immediatamente la voce che Shimizu è un membro del KempeiTai, la polizia militare giapponese (paragonabile sia pure molto grossolanamente alla Gestapo tedesca) e alcuni militari si convincono che sia stato inviato tra loro per cercare disfattisti e potenziali disertori. Scopriremo poi che la realtà non potrebbe essere più diversa: Shimizu è stato cacciato dalla polizia militare a causa della sua umanità, essendosi rifiutato di eseguire un ordine inutilmente crudele.

Dopo mesi di bombardamenti finalmente il 19 gennaio 1945 arrivano le navi americane e inizia lo sbarco delle truppe statunitensi. I fatti danno ragione alla tattica studiata da Kuribayashi: al riparo nelle caverne i giapponesi hanno subito perdite relativamente modeste nel corso dei bombardamenti e sono pronti a difendere l’isola quando gli americani iniziano a penetrare nell’entroterra. Le perdite americane sono molto alte, nonostante l’enorme superiorità di uomini e di mezzi e l’avanzata statunitense prosegue lentamente, i marines devono conquistare l’isola metro per metro.

Nelle interminabili settimane successive la situazione si complica per i giapponesi, a corto di viveri, acqua e munizioni. Le comunicazioni tra i gruppi rimasti isolati è molto difficile, il generale Kuribayashi è contrario alle inutili perdite umane, si oppone alle difese senza speranza e agli inutili tentativi di contrattacco ma alcuni ufficiali isolati organizzano attacchi isolati che si trasformano in inutili suicidi di massa.

Il 26 marzo è ormai chiaro che la battaglia è perduta e che l’isola è destinata a cadere. Le truppe giapponesi sono stremate ma Kuribayashi ordina un ultimo attacco a sorpresa contro la base americana. L’attacco sembra riuscire ma alla fine viene sventato e la maggior parte dei soldati nipponici viene uccisa. Kuribayashi stesso viene ferito a morte mentre Saigo si salva perchè nel corso dell’ultimo attacco era rimasto nelle grotte a distruggere i documenti segreti e a seppellire le lettere dei soldati, come gli era stato ordinato.

Il film si chiude tornando al 2005 quando gli archeologi disseppelliscono la sacca scoprendo proprio le lettere che Saigo aveva messo in salvo.

Ci sono alcuni particolari, storicamente esatti, che danno idea delle crudeltà e della ferocia raggiunte da una parte e dall’altra dei due schieramenti. Durante i lavori di costruzione delle difese ai soldati giapponesi viene dato l’ordine di colpire per primi i medici americani, riconoscibile dal bracciale e dall’elmetto con la croce rossa. Nonostante questo tipo di armi fossero state bandite dalla convenzione di Ginevra gli americani fanno abbondante uso di lanciafiamme per uccidere i soldati giapponesi rintanati nei tunnel e nelle caverne dell’isola. Quando Shimizu e un altro soldato si arrendono agli americani vengono catturati per essere uccisi a sangue freddo dopo pochi minuti.

Informazioni aggiuntive

  • Titolo originale: Stalag 17
  • Anno: 2006
  • Paese di produzione:USA, Giappone
  • Durata:  140 
  • Principali interpreti:

    Kazunari Ninomiya, Ken Watanabe, Ryo Kase, Tsuyoshi Ihara

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